Corriere della Sera

Dagli 007 ai fondi Ue, il Pd irritato da Conte: accentra tutti i dossier

- Maria Teresa Meli

I rapporti tra il Pd e Giuseppe Conte si complicano ogni giorno di più. Le ultime tensioni tra i dem e il premier sono nate dalla decisione di quest’ultimo di prorogare Gennaro Vecchione ai vertici del Dis. L’altra notte in consiglio dei ministri il sempre pacato Lorenzo Guerini ha fatto presente che sulla questione «ci sono problemi di metodo», ma Conte è andato avanti lo stesso. «Un’evidente forzatura», hanno commentato ieri al Nazareno.

L’abitudine del premier di accentrare tutti i dossier importanti nelle sue mani non convince Nicola Zingaretti, anche perché a questo non corrispond­e poi, secondo il leader dem, una capacità di decisione e invece bisogna uscire dalla «palude». L’altra nota dolente, oltre al Mes, su cui lo scontro con il premier è ancora aperto, riguarda la cabina di regia sul Recovery Fund a Palazzo Chigi. Il Pd è contrario e l’altro ieri Zingaretti, i ministri dem e i capigruppo di Camera e Senato, ne hanno parlato in una videoriuni­one.

La lunga lista di lamentele degli esponenti del Pd non finisce qui. Paola De Micheli a settembre ha mandato a Conte una lista di 43 opere da sbloccare: allo scopo vanno nominati altrettant­i commissari. Ma il premier non le ha fatto avere nessuna risposta. Dopodiché ha spedito la lista al ministero dell’Economia, dove la Ragioneria di Stato l’ha bocciata. Perciò ieri ha deciso di investire le Ferrovie e l’Anas di poteri straordina­ri per andare avanti.

Insomma, la tensione tra il Nazareno e Palazzo Chigi aumenta. E anche Italia viva morde il freno, mentre Matteo Renzi dice ai suoi quello che ormai pensano quasi tutti i dem: «Dopo la legge di Bilancio si porrà il problema della struttura di questo governo, perché così è veramente difficile andare avanti». Ma Conte gioca la sua partita apparentem­ente incurante del malcontent­o della sua maggioranz­a. «Noi stiamo lavorando per fronteggia­re la pandemia», continua a ripetere a chi lo accusa di immobilism­o. Ma il premier immobile non è. A Palazzo Chigi c’è un via vai quasi esibito di parlamenta­ri che dovrebbero dare vita al «partito di Conte»: una sorta di spauracchi­o che il premier agita per tenere a freno gli alleati di governo. E nel frattempo Conte, giocando di sponda con Lega e M5S, cerca di affossare il dialogo con Forza Italia voluto dal Pd. Tanto che tra i dem c’è chi si è convinto (non Zingaretti, però) che sia meglio votare a maggio.

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