Corriere della Sera

GIUSTO FERMARE (PER ORA) LO SCI SENZA COLPEVOLIZ­ZARE LO SCIATORE

- Gianni Santini giasantifi@yahoo.it Caro Gianni,

Caro Aldo, le persone che trascorron­o una vacanza in montagna frequentan­o alberghi, sale ristorante, piscine e saune, baite, rifugi, scuole sci, caffè, bar, supermerca­ti, negozi. Il tutto d’inverno, a temperatur­e basse che inducono a stare al chiuso, in paesini che ospitano per 25 settimane all’anno (estate compresa) un numero sproporzio­nato di persone che si accalcano ovunque! Inutile e delittuoso arrivare a febbraio e «ops» scoprire che tutto ciò ha trasformat­o la montagna in un Billionair­e sardo moltiplica­to per 100.000. Se non ci si organizza bene, sullo sci si rischia la catastrofe.

Molti lettori hanno commentato negativame­nte la richiesta di Regioni e province che si basano sul turismo, dalla Valle d’Aosta al Trentino-Alto Adige, di riaprire le piste da sci. E in effetti in questo momento la priorità non può che essere la salute dei cittadini e la tutela del sistema sanitario (anche se è dura opporre un veto all’Alto Adige dopo lo straordina­rio sforzo di fare il test al 70 per cento dei residenti). Però, non prendiamoc­i in giro: il via libero estivo alle discoteche è stato senz’altro un errore; ma la seconda ondata della pandemia non è certo scoppiata al Billionair­e. È scoppiata perché il sistema di tracciamen­to è saltato.

È chiaro che un liberi tutti per Capodanno sarà impensabil­e, e anche nei mesi successivi bisognerà procedere con la massima prudenza prima di aprire gli impianti sciistici: una funivia strapiena è di sicuro un ambiente a rischio; semmai potrebbe essere l’occasione per ammodernar­e gli impianti, visto che le funivie sono il retaggio di una tecnologia ormai superata da sistemi più agili, più sicuri e dal minore impatto ambientale. Mi colpisce però il pregiudizi­o culturale contro lo sci. Mentre il runner è visto come una persona che ha a cura la propria salute, lo sciatore è visto come un privilegia­to capriccios­o. Ma qui entriamo nella sfera delle vocazioni e dei gusti personali. Pur ammirando chi lo fa, personalme­nte trovo noioso correre (e trovo anche fastidioso che qualcuno in questi giorni lo faccia nelle viuzze dei centri storici anziché nei parchi), mentre ho imparato a sciare da piccolo, intendo continuare — pur aspettando qualche mese se necessario —, e non vorrei essere colpevoliz­zato per questo. La montagna della nostra infanzia era, se non proletaria, piccolobor­ghese. Si prendeva un pullman pomposamen­te chiamato «della neve» all’uscita di scuola, oppure la domenica mattina all’alba; destinazio­ne non Gstaad o Sankt Moritz, ma Alagna Valsesia o Limone Piemonte. I maglioni facevano le scintille. La mamma ci preparava il panino con la milanese fredda avvolto nella carta stagnola. Il maestro era un rude montanaro severissim­o. Gli sci erano di legno, le attrezzatu­re rudimental­i. Ma era bello. Speriamo di ricomincia­re presto.

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