«Facciamo fatica a curare tutti gli altri pazienti»
Il piano «Hub and Spoke» (mozzo e raggi) è stato indicato dagli Uffici della Regione per ristabilire la continuità di cure interrotta a causa della conversione dei reparti chirurgici in reparti Covid 19: significa operare i pazienti in ospedali centrali, centri Hub, anziché negli ospedali periferici, centri Spoke, situati nei luoghi dove questi pazienti risiedono. Succede per la seconda volta; la prima, sei mesi fa, ci ha messo di fronte ad alcune limitazioni che riviviamo adesso: la maggior parte dei pazienti ai quali abbiamo proposto il centro Hub hanno rifiutato per mancanza di trasporto, incertezze sull’accudimento, lontananza da casa, affidamento a personale sconosciuto… I pazienti che si ammalano di tumori sono perlopiù di età avanzata, non completamente autonomi, devono la vita a farmaci cronici, ecco perché dopo interventi di chirurgia maggiore necessitano spesso sia di
Terapia intensiva post operatoria sia di protocolli di assistenza post operatoria specifici. Questi non sono interscambiabili tout court da ospedale a ospedale. I centri Hub già normalmente hanno i loro tempi di attesa che vengono sovraccaricati vieppiù dalla necessità di accogliere anche i pazienti provenienti dagli ospedali Spoke di tutta la Regione. Adesso abbiamo più posti letto di emergenza solo per i pazienti Covid e addirittura ospedali costruiti per accoglierli; però questi funzionano solo privando di personale altri ospedali. Il sistema H&S ha già imposto un «costo» elevato, non solo per i pazienti con diagnosi di tumori che hanno subito un oggettivo ritardo di diagnosi e di cura, ma ancor più per i pazienti con malattie benigne che, a parità di diritto alle cure, si vedono rinviare ancora e senza date certe… Massimo Maffezzini, Milano