Le botte al produttore nero inguaiano la polizia francese Macron: via quegli agenti
Congelata la legge che vieta di filmare forze dell’ordine
Potrebbero esserci e un prima e un dopo. Il violento pestaggio a Parigi di Michel Zecler, 41 anni, produttore di rap, da parte di tre poliziotti assistiti da un’altra decina di agenti potrebbe essere lo spartiacque: prima, il governo poteva ancora difendere la teoria delle poche «mele marce» a proposito degli abusi della polizia; dopo che milioni di francesi hanno visto i due video dell’aggressione di gruppo a Zecler, a soli tre giorni da altre violenze contro migranti inermi, in Francia si pone la questione dell’uso della forza pubblica e quindi di una riforma della polizia. La società francese è sotto choc, il governo prende le distanze dagli agenti «che hanno perso la testa», dice il ministro dell’Interno Gérald Darmanin, il presidente Emmanuel Macron chiede che i responsabili vengano espulsi dalla polizia e, per la prima volta, anche star del calcio come i campioni del mondo Kylian Mbappé e Antoine Griezmann esprimono il loro disgusto.
Sabato 21 novembre, intorno alle 20, Michel Zecler è in strada nel XVII arrondissement di Parigi e sta entrando nel suo studio di registrazione Black Gold Studios, dove lo attendono alcuni giovani artisti. Non porta la mascherina, benché sia obbligatoria. Gli agenti lo seguono dentro lo studio e cominciano a spingerlo e a colpirlo. Per 13 minuti si abbattono sull’uomo decine di pugni, calci e colpi di manganello. «Mentre colpivano mi insultavano, gridavano ”sporco negro”», dice Michel
Zecler, che grida «chiamate la polizia», pensando che quelli siano malviventi travestiti da poliziotti.
In quel momento nel seminterrato dello studio di registrazione ci sono nove giovani, che salgono sentendo le grida e riescono a fare uscire dallo studio i poliziotti, che lanciano allora una granata lacrimogena all’interno, riuscendo ad arrestare tutti con l’aiuto dei rinforzi, non prima essersi di nuovo accaniti, in strada, contro Michel Zecler.
L’uomo, il volto tumefatto e la testa spaccata dalle manganellate, viene arrestato e trascorre la notte in cella. Nel loro rapporto, i poliziotti scrivono che Zecler non portava la mascherina — mancanza che comporta al massimo una multa di 135 euro, non certo un pestaggio, ndr — , che aveva un comportamento sospetto e sembrava avere fumato cannabis. Soprattutto, Zecler si sarebbe ribellato aggredendoli per primo, tentando anche di sottrarre loro le armi di servizio.
Tutto falso. «Non sapevano che le videocamere erano accese e registravano tutto», dice Zecler. Domenica 22 novembre il suo avvocato consegna il video ai magistrati, che liberano immediatamente Zecler e mettono invece sotto inchiesta i tre agenti che lo hanno aggredito e il quarto che ha lanciato la granata lacrimogena dentro lo studio.
Quel video — violenza fisica e «sporco negro», «chiudi la bocca», «adesso ti sfondiamo» — è stato diffuso poi dal sito Loopsider e visualizzato oltre 15 milioni di volte su Twitter. Ieri i quattro agenti sono stati infine posti sotto custodia cautelare e interrogati dalla IGPN, la «polizia della polizia», ma l’indignazione collettiva è ormai enorme. E un secondo video, girato da un vicino di casa e diffuso ieri sera, riprende la fine dell’operazione, in strada: altre botte a Zecler, con almeno una decine di agenti che assistono. Altro che poche mele marce.
Lo scandalo del pestaggio al produttore arriva proprio nei giorni dell’approvazione della contestata legge sulla «sicurezza globale», che all’articolo 24 vieta la diffusione «malevola» di immagini di poliziotti e gendarmi. I media francesi chiedono che l’articolo 24 venga cancellato, il premier Jean Castex in evidente affanno ne affida la riscrittura a una «commissione indipendente», la maggioranza parlamentare che lo sostiene protesta sentendosi esautorata, dopo qualche ora Castex torna sui suoi passi.
La crisi è anche politica tra governo e Parlamento, tutti indeboliti dall’avere sostenuto una legge ormai impresentabile. «Se l’articolo 24 fosse già in vigore e filmare i poliziotti fosse quindi vietato — dice Michel Zecler — adesso io sarei ancora in carcere, e nessuno parlerebbe di me».