Lukashenko: «Me ne andrò» O forse no
L’Occidente in pratica non lo riconosce più come capo dello Stato e la Russia preme perché in qualche modo vada incontro alle richieste dell’opposizione. Ma lui, Aleksandr Lukashenko, che ama farsi chiamare «babbo» dai bielorussi, continua a giocare con le parole per mantenere il controllo del Paese, dove il servizio di sicurezza si chiama ancora Kgb. Rispolvera la riforma costituzionale che aveva già ventilato per cercare di calmare le proteste di massa; dice che lui poi non sarà più presidente, ma si guarda bene dall’escludere di rimanere. E tra le righe spiega il suo vero pensiero. Oggi il presidente della Bielorussia ha troppo potere perché questa carica possa passare a «uno sconosciuto». Se al vertice andasse Svetlana Tikhanovskaya, la candidata alle ultime Presidenziali che secondo molti bielorussi sarebbe stata sconfitta solo grazie ai brogli, «ci saranno guai». Poi si apre su quello che immagina per il futuro del Paese: «Democrazia, tutti possono essere eletti… Lo abbiamo fatto nel periodo di Gorbaciov. Li eleggevamo… e il risultato? Abbiamo perso il Paese e l’Unione Sovietica si è sfasciata. Ora vogliono imporre a noi questa viltà».
Il «babbo» sente la pressione dei Paesi più importanti e quindi risponde. Biden ha già fatto capire che la sponda occidentale (Lukashenko ci aveva puntato molto prima delle Presidenziali) non c’è più: per il 20 gennaio, all’inaugurazione, ha invitato Tikhanovskaya. E Mosca fa sentire la sua voce. Giovedì il ministro russo degli Esteri Sergej Lavrov, che pure ha accusato Usa ed Europa di intromettersi negli affari di Minsk, ha richiamato Lukashenko alla necessità di procedere con le riforme promesse. E la Russia ha discusso anche delle forniture di petrolio e gas a prezzi agevolati, vitali per la Bielorussia. Quindi ecco le parole di ieri di Lukashenko. Ma quando ci sarà la riforma della Costituzione? Non si sa. E chi eleggerà il presidente? Forse addirittura il Parlamento, controllato dagli uomini del «babbo». E lui che farà? Magari il primo ministro al quale potrebbero passare gran parte dei poteri.