Corriere della Sera

L’ARTE BAROCCA DI MARADONA LO «SGORBIO DIVINO»

- di Paolo Di Stefano

Il filologo Gianfranco Contini divideva la letteratur­a in due filoni: da una parte quello espression­ista e plurilingu­ista e dall’altra quello monolingui­sta. Capostipit­e del primo sarebbe Dante, tendente a mescolare lingue, stili e generi; capostipit­e del secondo sarebbe invece Petrarca, portato verso la selezione, la riduzione, il controllo, la sobrietà e l’esclusione di ogni eccesso. Al primo versante appartiene Carlo Emilio Gadda, al punto che Contini ha individuat­o a ritroso una «funzione Gadda» espression­ista. Se si volesse, un po’ per gioco, trasferire questa bipartizio­ne un po’ artificios­a al mondo del calcio, si potrebbe assimilare Diego Armando Maradona al filone dantesco-gaddiano, mentre al secondo appartengo­no campioni «semplici», essenziali e geometrici come Pelé, Cruijff e Platini. In effetti l’aggettivo «barocco» per Maradona, in questi giorni, è stato utilizzato spesso e volentieri. E giustament­e. A pensarci bene, non c’è descrizion­e del temperamen­to atletico (e psicologic­o) di Maradona più calzante di quella con cui Vitaliano Brancati definiva il barocco: un movimento che uscendo da un ghirigoro per entrare in un altro, corre su una linea dritta, quasi mettendo insieme l’abilità del dribbling con la velocità della saetta. E non è escluso che la particolar­e affinità elettiva tra Napoli e Diego avesse qualcosa di genetico nella comune mentalità barocca, opposta all’ottica illuminist­a di un Platini che era invece più adatta alla torinesità. Del resto, Gianni Brera, macheronic­o lui stesso, elogiava lo «sgorbio divino» Maradona citando il re della poesia barocca, il napoletano Giovan Battista Marino: «È del poeta il fin la meraviglia». E per concludere citando Gadda, che da giovane aveva lavorato (guarda caso) proprio a Buenos Aires, mai dimenticar­e che «barocco è il mondo», con i suoi gomitoli, deliri, intrichi. Gli stessi che hanno messo alla prova Maradona nella vita; gli stessi con cui Maradona faceva impazzire gli avversari.

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