Le stanze degli abbracci dove ritrovare gli affetti
Il contatto di genitori e figli protetti dalla plastica Così nelle Rsa si aggira la crudeltà dell’abbandono
Divisi da vetri e teli di plastica, madri e padri ritrovano il calore dei loro figli. Nelle Rsa le stanze degli abbracci abbattono il senso dell’abbandono e diventano l’ultimo espediente per scongiurare nuovi focolai.
Noi degli anni Cinquanta e Sessanta per quanto tempo ancora non potremo abbracciare i nostri vecchi genitori? E i nostri vecchi genitori, che veleggiano stanchi tra gli ottanta e i novanta e anche oltre, per quanto tempo ancora non potranno abbracciare i loro figli e le loro figlie? E i nostri figli e le nostre figlie, venti e trentenni, fino a quando dovranno starsene a distanza da noi per tutelarci? Se prima l’amore era vicinanza e prossimità, adesso l’amore è direttamente proporzionale ai metri di distanza, alla cautela, alla prudenza: più stai lontano più mi vuoi bene, caro figlio, caro marito, cara amica. E i nonni, fino a quando dovranno obbedire al divieto di prendersi sulle gambe i nipotini, come fanno tutti i nonni da millenni? Insomma, fino a quando dovremo rinunciare a quel minuscolo istante di eternità che è l’abbraccio (Prévert dixit)?
Noi che ci siamo abbracciati per una vita, noi che da bambini abbiamo imparato a baciare i nostri genitori anche prima di andare a dormire, noi che abbiamo avuto nonni e nonne che pretendevano il bacio della buonanotte, e per i quali essere salutati senza un contatto fisico sarebbe stato umiliante… Persino troppo, l’abbraccio era diventato un rituale domestico, un automatismo svogliato e distratto, come una pacca sulle spalle o un «a presto» buttato là. Quanti di noi, da mesi, collegati via Skype o WhatsApp (benedetta tecnologia!) vedono le loro madri in lockdown salutarli con un abbraccio vano soltanto mimato, come se stringessero al petto un fantasma, un malinconico sogno che sfugge tra le mani. Il sogno di una stretta autentica e forte. Siamo diventati fantasmi, ex corpi, circondati da fantasmi che non possono che abbracciare e accarezzare il vuoto.
Dunque, aspettando che il calore dei corpi ritrovi l’accoglienza e il calore di altri corpi, ben vengano le stanze dell’abbraccio allestite nelle case di riposo. Straordinario escamotage dell’intelligenza e della compassione per aggirare la crudeltà dell’abbandono e per evitare il contagio tra vecchi e meno vecchi, tra genitori e figli, tra coniugi. E chi se ne frega dell’ingombro di plastica che ci avvolge. Se dopo nove mesi (il tempo esatto di una gravidanza che
conduce al primo abbraccio della vita) posso finalmente, come se fossi venuto al mondo per la seconda volta, riabbracciare mia madre o mio padre, che da mesi non aspettano altro che un contatto, chi se ne frega delle mascherine e del velo di plastica asettico e sterilizzato (la placenta protettiva?). Nulla paga il pianto di quella anziana signora che finalmente posa la guancia sulla guancia del figlio o della figlia. La plastica? Chi se ne frega. Sia benedetta anche la plastica, oltre alla tecnologia.
Se è vero, come diceva il filosofo, che la vita non è comprensibile ma è abbracciabile, moltiplichiamo le stanze degli abbracci. Purché l’abbraccio sanificato non somigli a quelli distratti di prima: che sia un abbraccio vero, voluto, sentito, pieno degli abbracci che non abbiamo potuto stringere per mesi. I guanti non potranno negarci, in quel secondo di eternità, di avvertire l’emozione, il sospiro, il respiro, il sollievo, la pazienza, l’ansia, la fragilità, la resistenza dei nostri vecchi. Siano benedetti i vecchi. Siano abbracciati.
Non facciamo che chiederci se l’esperienza traumatica del Covid ci cambierà. Risposta: no, inutile farci illusioni di grandezza (d’animo), il virus non ci cambierà in nulla. Saremo quelli di sempre. Ma se negli abbracci futuri rimarrà un briciolo di questi abbracci foderati di prudenza e di plastica non sarà poco. Annotiamo nella memoria questi abbracci figli dell’attesa, in modo che non ci sfuggano nei prossimi decenni. Per gli abbracci che stringeremo e per quelli che ci stringeranno.