«Chiusure meno rigide per le città più colpite: rispettano già le regole»
Il rettore di Bergamo: gli studi lo confermano
Remo Morzenti Pellegrini è il rettore dell’Università di Bergamo e ha in mente un’Italia né rossa né gialla o arancione, ma arcobaleno, «anche con colori non previsti dal Dpcm». Per questo, ha pronto un criterio scientifico, basato su uno studio econometrico, che ceselli le aree soggette a restrizioni «su base almeno provinciale». Assicura: «Il governatore Attilio Fontana mi ha detto d’averlo condiviso col Cts regionale per valutare una sperimentazione in Lombardia appena ci sarebbe stato il passaggio in zona arancione. Il viceministro alla Salute Pierpaolo Sileri ha approfondito lo studio e mi ha detto che ritiene che, ora, dopo questo nuovo Dpcm, è il momento di riflettere sulla differenziazione per aree, anziché per Regioni».
Differenziazione basata su cosa?
«Non solo su criteri epidemiologici, ma anche econometrici. Lo studio, firmato con due colleghi dal prorettore ed economista Paolo Buonanno, è sui 1.500 comuni lombardi ed evidenzia che, nelle zone più colpite per mortalità durante la prima ondata di Covid19, c’è il 30 per cento in meno di individui infetti. Sono considerate variabili come mortalità pre Covid, densità di popolazione, tasso di mobilità, inquinamento, percentuale di over 60 e “capitale civico”: un fattore determinante fra le due ondate».
Cos’è il capitale civico?
«La disposizione dei cittadini a rispettare le regole per il bene collettivo. Ogni Comune ha il suo indice di capitale civico, calcolato su cose come la propensione alla raccolta differenziata. Nelle zone più colpite a primavera, l’indice è alto e lo spavento ha portato le persone a essere molto accorte con mascherine, distanziamento... Il capitale civico è l’unica risposta accertata che spiega perché le zone più colpite tra febbraio e aprile sono le più preservate fra settembre e ottobre. La differenziazione compete ai politici, ma il compito di un’istituzione come la nostra è fornire loro uno strumento in più. E la Lombardia potrebbe essere la prima Regione che si candida a sperimentare allentamenti almeno a livello provinciale».
Se fosse per lei, di che colore sarebbe la Lombardia?
«Avrebbe misure allentate nell’area di Bergamo e in parte delle province di Brescia, Cremona, Lodi».
Non è che, lì, il virus circola meno perché si è creata maggiore immunità?
«Il nostro non è uno studio epidemiologico, ma di sicuro evidenzia altri fattori determinanti. E sarebbe significativo se iniziassero la sperimentazione i territori che hanno pagato di più in termini economici e di vite umane, spendendo un po’ del capitale civico conquistato».
I governatori, però, possono varare solo misure più restrittive.
«Le rispondo da giurista: non è così. Se s’interpreta la norma in una lettura complessiva, i governatori possono anche avere impulsi propri: dati alla mano, possono chiedere mitigazioni al ministro della Salute. Per esempio, sulla mobilità intercomunale in zone circoscritte. Con l’uniformità di restrizioni, città come Bergamo stanno pagando due volte. Avere regole più su misura aiuterebbe molto, sul piano psicologico».
Che succede se si depaupera il capitale civico?
«Arriva una tensione sociale difficile da arginare, perciò dico: troviamo un supporto scientifico alle decisioni politiche che non sia dato solo dai numeri delle terapie intensive. Diamo uno spiraglio a chi ha bisogno di futuro».
Si valuti il capitale civico, cioè la maggiore attenzione di chi in primavera ha visto tanti morti per il Covid
La nostra ricerca basata su criteri econometrici: il sistema per aree si potrebbe testare in Lombardia