Da De Micheli a D’Incà quei nomi nel mirino del risiko «congelato»
Voci su Orlando e Boschi, Delrio e Fedeli
A parole ora tutti lo negano, anche quelli che lo hanno ipotizzato per primi. Dice Matteo Renzi: «Quello del rimpasto è un chiacchiericcio stucchevole». Precisa Goffredo Bettini: «Discutere di rimpasto con la pandemia è fuori luogo». Ma nella maggioranza non si parla d’altro. E la cautela è dovuta al fatto che Giuseppe Conte fa resistenza: per il premier si potrebbe cambiare una casella (al massimo due), non di più. E, soprattutto, Conte non vuole che nel governo entrino i leader dei partiti. Cioè Nicola Zingaretti e Renzi.
Il numero uno dem, a dire il vero, non pensa proprio ad andare al governo e non spinge sul rimpasto: «Sugli assetti decidono Conte e Mattarella — spiega ai suoi — io come segretario ho lavorato per rimettere il Pd al centro della politica italiana. E ora è di nuovo credibile puntare a essere il primo partito italiano. Ma non ho mai dimenticato che sono anche il presidente della seconda regione italiana per Pil e quindi, come si è visto anche nella battaglia contro il Covid, per me la prima cosa è il rispetto per i cittadini che mi hanno eletto presidente».
Quanto a Renzi, c’è chi gli attribuisce il desiderio di un dicastero in più per Italia viva.
Ergo, per sé. «A me — nega con fermezza lui — interessa parlare dell’agenda. Cioè di come attuare bene il Recovery plan, di come riaprire le scuole e di come utilizzare l’Esercito per distribuire il vaccino contro il Covid». Il ministero in più per Iv, allora, dicono nei palazzi della politica, potrebbe scattare per Maria Elena Boschi. Si parla dell’Istruzione, che è ambita anche dal Pd, con la vice ministra Anna Ascani. Ma Lucia Azzolina è difesa direttamente da Conte.
Il Pd, in un eventuale rimpasto, potrebbe perdere una casella e guadagnarne però altre. Paola De Micheli infatti viene considerata in bilico, anche se lei è un tipo tosto, di quelle che non molla: «Io vado avanti a lavorare con grande tranquillità e determinazione», dice. Per una dem che (forse) se ne va potrebbe (forse) esserci un altro esponente del Pd in arrivo: Andrea Orlando. Potrebbe aspirare al dicastero di Stefano Patuanelli, ma sia Di Maio che Conte, per una volta tanto d’accordo, non vogliono mollarlo. E allora? Se Enzo Amendola, che cura il delicato dossier del Recovery plan, si candidasse a sindaco di Napoli, Orlando potrebbe prendere il suo posto. Ma è una decisione che spetta ad Amendola, che è molto apprezzato da Zingaretti e dal premier.
A Montecitorio sostengono che potrebbe fare il suo ingresso nell’esecutivo Graziano Delrio. Per andare al posto del ministro per i Rapporti con il Parlamento Federico D’Incà, che i vertici dei 5 Stelle ritengono troppo vicino a Conte. In questo caso Orlando diventerebbe capogruppo alla Camera.
Ci sono poi altre due caselle grilline che vengono date sempre in bilico: quelle occupate dalla ministra del Lavoro Nunzia Catalfo con cui anche i sindacati hanno un rapporto complicato (al suo posto potrebbe andare la dem Valeria Fedeli, dicono a Palazzo Madama) e dalla titolare del dicastero dell’Innovazione Paola Pisano, che paga l’insuccesso della app Immuni.