Manovra, Forza Italia mette i paletti
No azzurro alla tassa sui maxi patrimoni, Furlan responsabile delle nuove adesioni. E Salvini vede i sindacati
Hanno detto sì allo scostamento di bilancio e rifiutano qualsiasi tipo di patrimoniale. Ieri lo stato maggiore di Forza Italia si è opposto in maniera decisa alle voci su un emendamento, presentato da alcuni parlamentari di Leu e Pd, che prevederebbe un’imposta sostitutiva sui grandi patrimoni. In un attimo gli azzurri di Montecitorio e Palazzo Madama si sono scatenati. Rompe gli indugi Giorgio Mulè: «Nella sostanza è una rapina nei conti correnti degli italiani». Gli fa eco Mariastella Gelmini: «Torna la sinistra di “anche i ricchi piangono”». Dopo il gesto di fiducia sullo scostamento di bilancio, le truppe berlusconiane monitorano con la lente di ingrandimento ogni singolo passo della manovra. Che viene criticata anche da chi, come il senatore Andrea Cangini, è solito mostrarsi colomba: «È inaccettabile che il governo dimentichi i terremotati». Altro nodo: i cosiddetti decreti anti-Salvini in materia di sicurezza. L’esecutivo ha posto la questione di fiducia ma gli azzurri sono pronti a battagliare in aula per andare incontro alla Lega. «Ogni parlamentare di FI — fanno sapere — presenterà un ordine del giorno. Sarà questa la nostra arma per impedire l’approvazione dei decreti insicurezza». Da Valbonne, in Provenza, Silvio Berlusconi si gode la scena della ritrovata centralità: segue attentamente tutti i dossier, si divide fra il telefono e Zoom. E nel pomeriggio nomina Simone Furlan responsabile nazionale delle nuove adesioni. Una mossa che ha il sapore di riscossa: «FI ritornerà a doppia cifra». Nell’attesa la coalizione si mostra compatta. Al mattino una delegazione della Lega guidata da Salvini incontra Maurizio Landini (Cgil), Annamaria
Furlan (Cisl) e Pier Paolo Bombardieri. Nel corso del confronto sarebbero emerse posizioni comuni, a partire dalla necessità di sbloccare i cantieri delle grandi opere. Per oltre 90 minuti Lega e sindacati discutono di economia, giganti del web, reddito di cittadinanza. Eppure raccontano che a un certo punto le tre sigle sindacali avrebbero posto una questione: «Abbiamo bisogno dei soldi del Mes». Già, il Mes, la linea di credito di 36 miliardi divide la maggioranza ma anche l’opposizione. Salvini e Meloni si dicono contrari. Il Cavaliere ha una visione diversa, ritiene sia utile. Plasticamente la rottura si potrebbe consumare il 9 dicembre, giorno in cui il premier Conte comunicherà al Parlamento la linea del governo in vista del Consiglio europeo. Una data cerchiata in rosso anche dall’azzurro Osvaldo Napoli: «Quel giorno si deciderà il futuro del centrodestra».