Corriere della Sera

Giovanni, morto al traguardo Il padre: quella gara non era sicura

Il dramma del 2019 nell’Alessandri­no. «Volevano l’arrivo sotto il balcone del sindaco»

- di Marco Bonarrigo e Gaia Piccardi

«Qui a Prato Giovanni era un faro. Si sarebbe laureato in Economia aziendale, era fidanzato. Aveva una passione sana per la bici: babbo, mi diceva, io m’impegno ma quando ho le gambe in croce gli altri danno gas. Da quando non c’è più io, mia moglie e le mie figlie siamo dei fantasmi».

Con dignitosa disperazio­ne, l’avvocato Carlo Iannelli chiede giustizia per il dorsale n.87, il suo primogenit­o, morto a 22 anni il 7 ottobre 2019 per le conseguenz­e di una caduta a 144 metri dal traguardo dell’87° Circuito Molinese, gara Under 23, dopo aver sbattuto la testa contro lo spigolo di una colonnina in mattoni al civico 45 di Via Roma a Molino dei Torti (Alessandri­a). «Una tragedia annunciata — spiega Iannelli —, su un rettilineo pericoloso: 78 dilettanti lanciati a 69 all’ora nello sprint, in leggera discesa, soltanto gli ultimi 40 metri transennat­i. Un contatto involontar­io e Giovanni parte per la tangente. Per 87 edizioni hanno chiuso gli occhi, raccontand­oci che quella era la storica gara di Fausto Coppi. Ho capito subito che la mia contropart­e è la Federcicli­smo, che a febbraio andrà alle elezioni e non farà mai autocritic­a».

Il balcone del sindaco

Carlo è uomo di ciclismo, vicepresid­ente del comitato toscano e giudice federale, racconta di quando un celebre medico propose l’Epo a Giovanni («Babbo, è un grullo: andiamocen­e»), di quel ragazzo senza contratto ma pieno di voglia di correre. Del comitato organizzat­ore del Circuito Molinese, affidato al Gs Valle Scrivia, fanno parte i sindaci di quattro comuni. «Via Roma è piena di ostacoli ma l’arrivo non può essere spostato: la corsa deve finire sotto il balcone del sindaco» sostiene Iannelli. Sulla pericolosi­tà del luogo dell’incidente la famiglia di Giovanni si oppone alle contropart­i in sede civile e penale: la perizia di Roberto Sgalla, ex prefetto e ora a capo della commission­e sicurezza della Federcicli­smo, se la cava con «elementi che non consentono di individuar­e colpe evidenti»; quella di Raffaele Babini, storico responsabi­le della sicurezza del Giro d’Italia, cita invece «evidenti ostacoli e repentini restringim­enti, punti ed elementi che costituisc­ono grande pericolo». Su via Roma non c’erano protezioni di gomma né balle di paglia. Per ottenere l’omologazio­ne della corsa, gli organizzat­ori dovevano presentare al comitato del Piemonte il piano di gara (planimetri­e, misure di sicurezza, punti sensibili): «È un obbligo» sottolinea Iannelli. In fase processual­e si scopre che il piano di gara è un foglietto senza alleti. legati. Quante corse federali ottengono il via libera così, senza documentaz­ione?

I rilievi dei carabinier­i

Il 5 ottobre alle 16,24, 48 ore prima di morire, Giovanni cade insieme ad altri cinque atSull’elicottero, è già in coma profondo. Da Castelnuov­o Scrivia arrivano due carabinier­i per i rilievi: nel verbale scrivono di essere giunti sul posto alle 16,15 (prima della fine della gara), non scattano foto, non eseguono misuraun zioni, interrogan­o solo una giudice di corsa. Nulla da segnalare. Carlo Iannelli non ha dubbi: «Dietro c’è la faccia più brutta della politica».

Cittadini indignati

I cittadini del comune di Molinetto (uno dei 4 coinvolti) si sono indignati per la memoria difensiva: «Tragedia famigliare che non riveste caratteri di eccezional­ità rispetto a ciò che avviene quotidiana­mente sulle nostre strade, disgrazia avvenuta durante attività non profession­ale dove ogni corridore si assume un rischio». Il presidente federale Di Rocco ha partecipat­o al funerale di Giovanni nel Duomo di Prato: «Mi ha fatto le condoglian­ze a denti stretti e ha cercato di convincerm­i che la gara si era svolta regolarmen­te» dice Carlo. Interpella­to, Di Rocco si è detto «costernato per la morte del figlio di un amico, un incidente che ci aiuterà ad alzare il livello di sicurezza delle corse». Sull’irritualit­à di avvocato della Federcicli­smo (Gaia Campus, responsabi­le della commission­e elettorale) che difende chi organizza, trasecola: «Cosa mi dice? Ma davvero?». Tutto vero: un secondo avvocato federale, Nuri Venturelli, è contropart­e della famiglia Iannelli in sede penale. «Al c.t. della Nazionale Davide Cassani — prosegue Carlo — ho chiesto in ginocchio una nota tecnica sull’arrivo. Niente. Assente anche quando ho proposto che la maglia bianca del suo Giro Under 23, sponsorizz­ato dall’Aido, venisse intitolata a Giovanni». La risposta di Cassani: «Non dico che Carlo non possa avere ragione sulle colpe: ai miei tempi le balle di paglia abbondavan­o. Perché nessun direttore sportivo ha protestato prima del via?».

Su Facebook c’è un gruppo con oltre duemila firme, Carlo Iannelli prosegue la sua battaglia: «La tragedia di Giovanni non sia vana». Fin qui, una sola sentenza (sportiva): presidente della società, direttore e vice direttore corsa inibiti per 8 mesi con ammenda di mille euro. Ripetiamo: mille euro.

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 ??  ?? Sul pavé
Giovanni Iannelli corse nel 2014 la Parigi-Roubaix riservata agli juniores con la maglia della Nazionale italiana
Sul pavé Giovanni Iannelli corse nel 2014 la Parigi-Roubaix riservata agli juniores con la maglia della Nazionale italiana
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Il muretto contro il quale Iannelli picchiò la testa
mente sicuro ed erano transennat­i su ambo i lati della strada solo 40 metri degli ultimi 220
I fiori Il muretto contro il quale Iannelli picchiò la testa mente sicuro ed erano transennat­i su ambo i lati della strada solo 40 metri degli ultimi 220

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