DE GASPERI OGGI SAREBBE UNO STRANIERO IN PATRIA
Caro Aldo,
De Gasperi fu un grande statista e un ottimo diplomatico. Dopo la guerra l’Italia ha avuto la fortuna di avere lui e altri politici artefici della nostra grande ripresa economica. Purtroppo grande è la distanza che li separa dagli attuali «politici».
Giovanni Merighi
Oggi uomini come Alcide De Gasperi — o il suo avversario Palmiro Togliatti — non avrebbero nessuna possibilità di emergere nella politica e nella vita pubblica italiana. Oggi un politico con gli occhialini, che leggesse il greco e il latino, citasse interi canti di Dante a memoria, parlasse il tedesco (De Gasperi) e il russo (Togliatti) come l’italiano, sarebbe orribilmente antipatico ai colleghi e agli elettori. Lo chiamerebbero il professorone, e lo citerebbero per primo negli elenchi di coloro con cui non si vorrebbe avere nulla a che fare («e tu vorresti fare un governo con De Gasperi?», «e tu ti alleeresti con uno come Togliatti?»). Oggi un politico piace nonostante non sappia il congiuntivo, ma proprio perché non sa il congiuntivo. Il partito di maggioranza relativa in Parlamento è guidato da un ministro degli Esteri convinto che Pinochet sia un dittatore venezuelano e la Russia un Paese mediterraneo, con un vice che quando scoppia una bomba a Beirut porge le condoglianze agli «amici libici». Il partito di maggioranza relativa nel Paese ha candidato alla guida dell’Emilia-Romagna una signora sicura che la sua Regione confinasse a Nord con il Trentino e a Sud con l’Umbria. Gli altri partiti non sono messi meglio. Ma prendersela con la politica è troppo facile. E quel che manca non è solo la cultura; è la forza morale. Non conta solo quel che si sa (o non si sa), ma quel che si è disposti (o non si è disposti) a fare per il proprio Paese; non necessariamente finire in carcere, come accadde a De Gasperi sia sotto l’impero austroungarico, sia sotto il fascismo. Pensate a quale prova di sé ha dato in pochi giorni la più grande università italiana, la Sapienza di Roma: l’ex rettore rinuncia a un incarico pubblico cruciale in piena pandemia perché la moglie non vuole trasferirsi a Catanzaro; e la nuova rettrice non sa rispondere alla classica domanda che si fa agli studenti medi troppo presi dai videogiochi («qual è l’ultimo libro che hai letto?»).
In sintesi. L’Italia di oggi è un Paese in cui la cultura è diventata un disvalore, e l’ignoranza una virtù. E un detenuto che nelle carceri fasciste scriveva frasi del Vangelo in latino — nella certezza che quelli che sarebbero stati imprigionati dopo di lui l’avrebbero capito — sarebbe straniero in patria.