«Il triste isolamento nei nostri anziani nelle Rsa»
In un periodo in cui si parla di confinamento selettivo, su base geografica o anagrafica, una categoria ben precisa di cittadini è già soggetta all’isolamento coatto. Si tratta degli ospiti delle Residenze sanitarie assistenziali (Rsa). A mancare non sono certo le amorevoli e professionali cure del personale nei confronti dei nostri cari, quanto piuttosto l’interazione con noi, costretti al di fuori dell’acquario. Il 15 ottobre, un’ordinanza della Regione Lombardia ha vietato le visite dei famigliari, salvo situazioni di particolare gravità autorizzate dalla direzione sanitaria. Si va così a riproporre il quadro dei mesi primaverili ed estivi: senso di impotenza per i famigliari impossibilitati a vedere gli ospiti, smarrimento e sensazione di abbandono per questi ultimi. Chi è pienamente cosciente, può capire le ragioni dell’isolamento, ma non rimanere completamente indifferente alla nostalgia del contatto con i propri cari. La categoria più fragile, però, è quella di chi, vittima di deficit neurocognitivi di varia natura, non può comprendere le circostanze di ciò che appare a tutti gli effetti un abbandono e per cui le videochiamate non costituiscono un’alternativa percorribile. Noi, parenti, chiediamo che, nel rispetto delle normative sanitarie e della piena tutela di ogni persona coinvolta, le autorità competenti permettano sporadici incontri con i nostri cari. Attraverso plexiglas e scafandri, con guanti e senza neppure sfiorarli. Ci basta rassicurarli con lo sguardo sul fatto che non sono stati lasciati soli da chi li ama e continua ad amarli.