La lite col medico che poi è sparito e quello strano Sos
La telefonata senza mai nominare Maradona
Tanti, troppi misteri. E una sola, unica, drammatica, certezza: Diego quella notte era solo, abbandonato a se stesso. L’inchiesta della procura di San Isidro sta cercando di far luce su una storia che fa acqua da tutte le parti e che, anche a distanza di giorni, continua a essere piena di dubbi, incongruenze, misteri. Troppi, gli interrogativi. Che in fondo però si riassumono in uno solo: è stato davvero fatto tutto quanto era possibile per salvare la vita a Maradona oppure qualcuno ha sbagliato?
Col passare delle ore il giallo è sempre più fitto. Troppi episodi oscuri, come il fatto che in casa mancasse un defibrillatore, troppe figure contraddittorie. Due, soprattutto. Quella del medico Leopoldo Luque, il chirurgo che l’ha operato al cervello il 3 novembre, onnipresente da anni ma assente nella casa al momento della morte di Diego. Dov’era? A Buenos Aires, un’ora di macchina. Perché non era con lui? C’entra forse il fatto che, come raccontano due testimoni, avessero litigato di brutto il 19 di novembre, cioè una settimana prima del malore fatale del 25? Secondo fonti giudiziarie, Diego avrebbe anche dato uno spintone al dottore e lo avrebbe sbattuto fuori di casa, dopo averlo insultato. «È la prova di quanto fosse difficile discutere con Maradona» ha raccontato all’agenzia Télam la stessa fonte giudiziaria. La procura sta cercando di capire se effettivamente, come pare, quella è stata l’ultima visita da parte del dottor Luque a Maradona nella villa di Tigre.
Figura chiave, quella del dottore. Ieri il sito El Dia ha diffuso l’audio della chiamata del dottor ai soccorsi: «Ciao, c’è una persona che da quanto mi dicono è in arresto cardiorespiratorio — si sente — . Un dottore lo sta assistendo. È un uomo di esattamente 60 anni». Luque non fa mai il nome del paziente: perché? Poi: la telefonata è stata fatta alle 12.16 e secondo i pubblici ministeri la prima ambulanza è arrivata alle 12.28, questo quindi sconfessa la denuncia dell’avvocato Morla che aveva parlato di «più di mezz’ora di ritardo». L’ambulanza era arrivata invece in soli 11 minuti.
L’altra figura oscura è quella dell’infermiera Dahiana Gisela Madrid, che ha fornito due versioni clamorosamente discordanti circa gli orari dei controlli nella stanza. Perché? Davvero solo per le «pressioni dei datori di lavoro»?
Gli inquirenti vogliono capire cosa sia accaduto in quel buco di sei ore dalle 6 alle 12, ma anche nei giorni precedenti. Primo interrogativo: mentre era solo Diego ha abusato di alcol o farmaci? Qui una risposta arriverà a giorni, grazie all’esame tossicologico. Secondo interrogativo, sollevato dall’ex medico Alfredo Cahe: perché aveva lasciato l’ospedale? Chi lo ha deciso? Ma soprattutto: se ci fosse rimasto anziché tornare a casa oggi sarebbe ancora vivo?
Ex medico
Diego non è stato curato bene, doveva restare in ospedale. Una follia farlo uscire così presto
Pasculli
Negli ultimi tempi era diventato impossibile riuscire a parlare con Diego, era prigioniero