TRANSIZIONI E SISTEMI ELETTORALI
Per quanti anni potrà durare un assetto politicoistituzionale nel quale le categorie «centrosinistra» e «centrodestra» mantengono un senso sul piano locale e regionale mentre non ne hanno o ne hanno sempre meno sul piano nazionale? Quelle categorie continuano ad orientare la politica in sede locale e regionale perché (e fino a quando) restano in vigore le leggi maggioritarie con cui si eleggono sindaci, presidenti di Regione e connesse assemblee.
La politica nazionale però è un’altra cosa. La legge elettorale attualmente in vigore (sistema formalmente misto, prevalentemente proporzionale ma con una residua quota di collegi uninominali), come si è sperimentato, favorisce la formazione di alleanze elettorali. Consente, almeno da questo punto di vista, di scimmiottare i Paesi in cui esistono veri sistemi maggioritari. Però, una volta fatte le elezioni, le alleanze elettorali non valgono più un soldo bucato: le coalizioni di governo, nel più puro stile proporzionale, si fanno e si disfano in Parlamento. Non è oggi Silvio Berlusconi il primo a sganciarsi dall’alleanza (puramente elettorale) di centrodestra. Il primo fu Salvini quando, subito dopo le elezioni, «mollò» il resto del centrodestra e formò il governo con i 5 Stelle.
Analogamente, il Pd — ancora una volta in puro stile proporzionale — è andato anch’esso al governo con i Grillini. E non è stato certo di alcuno ostacolo il fatto che i due partiti non fossero alleati in sede di campagna elettorale.
Se le categorie di centrosinistra e centrodestra hanno sempre meno senso in ambito nazionale, lo perderanno del tutto se e quando l’attuale legge elettorale formalmente mista verrà sostituita da una legge compiutamente proporzionale. Anche se il diavolo fa solo le pentole, anche se tutto può succedere, che si passi alla proporzionale compiuta prima delle prossime elezioni, è probabile. Al duo Salvini/Meloni, se diamo retta ai sondaggi, farebbe molto più comodo un sistema maggioritario. Conquisterebbe, sempre stando ai sondaggi, la maggioranza parlamentare (e Berlusconi sarebbe costretto a pietire uno strapuntino nel convoglio governativo). Ma poiché il maggioritario è attualmente un’impossibilità politica, al suddetto duo converrebbe, in subordine, il mantenimento della legge elettorale attuale: per lo meno, essa polarizza gli schieramenti in sede di voto e ciò può avvantaggiare l’alleanza elettorale più forte.
Proprio per queste ragioni il varo di una legge proporzionale è probabile.
Allo stato degli atti, è (apparentemente) il sistema elettorale più conveniente per il Pd, per i 5 Stelle e per Forza Italia, quello che meglio dovrebbe garantire queste forze. Esse hanno i numeri per vararla. Plausibilmente, non lo faranno prima dell’elezione del presidente della Repubblica. Fino ad allora (salvo incidenti di percorso che mandino a picco il governo Conte) sentiremo parlare fino alla noia delle manovre e dei rapporti più o meno palesi o più o meno occulti, fra Berlusconi e la maggioranza di governo. Rapporti, si suppone, mutualmente vantaggiosi: il governo disporrà di una stampella parlamentare. Forza Italia, a sua volta, avrà voce in capitolo sulle decisioni di spesa dei fondi europei e nella scelta del prossimo presidente della Repubblica.
Certezze in politica non ce ne sono, però sembra lecito escludere che possa formarsi una maggioranza di governo allargata a Forza Italia. Immaginate quale sarebbe la reazione degli elettori del Pd («ma come, vi alleate con il Caimano»?) e di quelli di Forza Italia («ma come, vi alleate con i comunisti?»). È però sufficiente che se ne favoleggi per avere la prova di quanto siano diventate irrilevanti le categorie centrosinistra e centrodestra.
Come sopra detto, apparentemente il sistema proporzionale compiuto è quello che meglio può tutelare Pd, Forza Italia e 5 Stelle. Ma, almeno nel caso del Pd e di Forza Italia ciò non è sicuro. Entrambi i partiti sono figli della (breve) stagione del maggioritario. Perché dovrebbero rimanere a lungo indenni una volta chiusa quella fase storica? Lo sappiamo: pensano che per tutelarsi basterebbe introdurre nella futura legge elettorale proporzionale una seria clausola di sbarramento. Dove non si capisce se ci credano sul serio o lo dicano solo per gettare un po’ di fumo negli occhi di chi li ascolta. Sappiamo tutti che si possono escogitare mille sotterfugi per aggirare le clausole di sbarramento: mica siamo tedeschi, che diamine. Soprattutto, costoro non tengono conto del fondamentale principio che ispira la competizione in regime di proporzionale. Se con il sistema maggioritario, per lo più, divisi si perde, ossia c’è una forte spinta a formare coalizioni elettorali (sia pure con eccezioni: vedi il successo dei 5 Stelle nelle due ultime elezioni nazionali), con il proporzionale vale il principio opposto: ciascuno per sé. O anche: divisi si vince. Il proporzionale incoraggia le scissioni. Per questo sono ormai fuori tempo massimo le varie proposte di alleanze organiche che vengono di tanto in tanto avanzate a destra o a sinistra.
Si illudono quelli che pensano che le forze politiche della futura età proporzionale saranno più o meno le stesse di oggi. Con il proporzionale cresceranno le spinte centrifughe all’interno del Pd , di Forza Italia, e anche dei 5 Stelle. Sorgerà, inoltre, una forte «domanda di centro», una diffusa richiesta di dare vita a un qualche rassemblement centrista. Poiché non ci sono partiti per tutte le stagioni, è dubbio che possa essere Forza Italia a soddisfare quella domanda.
Bisogna anche chiedersi: quando, in regime di proporzionale, si ridefiniranno identità ed equilibri, come sarà possibile conciliare ciò con la perdurante logica maggioritaria prevalente nei Comuni e nelle Regioni, là dove centrodestra e centrosinistra continuano, e continueranno, ad avere un peso e un ruolo? Speriamo che a Roma, prima o poi, non si imponga l’esigenza di «superare» la logica maggioritaria anche sul piano locale e regionale. In Italia, purtroppo, non ci si fa scrupoli a gettare via le cose che funzionano.