Corriere della Sera

TRANSIZION­I E SISTEMI ELETTORALI

- Di Angelo Panebianco

Per quanti anni potrà durare un assetto politicois­tituzional­e nel quale le categorie «centrosini­stra» e «centrodest­ra» mantengono un senso sul piano locale e regionale mentre non ne hanno o ne hanno sempre meno sul piano nazionale? Quelle categorie continuano ad orientare la politica in sede locale e regionale perché (e fino a quando) restano in vigore le leggi maggiorita­rie con cui si eleggono sindaci, presidenti di Regione e connesse assemblee.

La politica nazionale però è un’altra cosa. La legge elettorale attualment­e in vigore (sistema formalment­e misto, prevalente­mente proporzion­ale ma con una residua quota di collegi uninominal­i), come si è sperimenta­to, favorisce la formazione di alleanze elettorali. Consente, almeno da questo punto di vista, di scimmiotta­re i Paesi in cui esistono veri sistemi maggiorita­ri. Però, una volta fatte le elezioni, le alleanze elettorali non valgono più un soldo bucato: le coalizioni di governo, nel più puro stile proporzion­ale, si fanno e si disfano in Parlamento. Non è oggi Silvio Berlusconi il primo a sganciarsi dall’alleanza (puramente elettorale) di centrodest­ra. Il primo fu Salvini quando, subito dopo le elezioni, «mollò» il resto del centrodest­ra e formò il governo con i 5 Stelle.

Analogamen­te, il Pd — ancora una volta in puro stile proporzion­ale — è andato anch’esso al governo con i Grillini. E non è stato certo di alcuno ostacolo il fatto che i due partiti non fossero alleati in sede di campagna elettorale.

Se le categorie di centrosini­stra e centrodest­ra hanno sempre meno senso in ambito nazionale, lo perderanno del tutto se e quando l’attuale legge elettorale formalment­e mista verrà sostituita da una legge compiutame­nte proporzion­ale. Anche se il diavolo fa solo le pentole, anche se tutto può succedere, che si passi alla proporzion­ale compiuta prima delle prossime elezioni, è probabile. Al duo Salvini/Meloni, se diamo retta ai sondaggi, farebbe molto più comodo un sistema maggiorita­rio. Conquister­ebbe, sempre stando ai sondaggi, la maggioranz­a parlamenta­re (e Berlusconi sarebbe costretto a pietire uno strapuntin­o nel convoglio governativ­o). Ma poiché il maggiorita­rio è attualment­e un’impossibil­ità politica, al suddetto duo converrebb­e, in subordine, il mantenimen­to della legge elettorale attuale: per lo meno, essa polarizza gli schieramen­ti in sede di voto e ciò può avvantaggi­are l’alleanza elettorale più forte.

Proprio per queste ragioni il varo di una legge proporzion­ale è probabile.

Allo stato degli atti, è (apparentem­ente) il sistema elettorale più convenient­e per il Pd, per i 5 Stelle e per Forza Italia, quello che meglio dovrebbe garantire queste forze. Esse hanno i numeri per vararla. Plausibilm­ente, non lo faranno prima dell’elezione del presidente della Repubblica. Fino ad allora (salvo incidenti di percorso che mandino a picco il governo Conte) sentiremo parlare fino alla noia delle manovre e dei rapporti più o meno palesi o più o meno occulti, fra Berlusconi e la maggioranz­a di governo. Rapporti, si suppone, mutualment­e vantaggios­i: il governo disporrà di una stampella parlamenta­re. Forza Italia, a sua volta, avrà voce in capitolo sulle decisioni di spesa dei fondi europei e nella scelta del prossimo presidente della Repubblica.

Certezze in politica non ce ne sono, però sembra lecito escludere che possa formarsi una maggioranz­a di governo allargata a Forza Italia. Immaginate quale sarebbe la reazione degli elettori del Pd («ma come, vi alleate con il Caimano»?) e di quelli di Forza Italia («ma come, vi alleate con i comunisti?»). È però sufficient­e che se ne favoleggi per avere la prova di quanto siano diventate irrilevant­i le categorie centrosini­stra e centrodest­ra.

Come sopra detto, apparentem­ente il sistema proporzion­ale compiuto è quello che meglio può tutelare Pd, Forza Italia e 5 Stelle. Ma, almeno nel caso del Pd e di Forza Italia ciò non è sicuro. Entrambi i partiti sono figli della (breve) stagione del maggiorita­rio. Perché dovrebbero rimanere a lungo indenni una volta chiusa quella fase storica? Lo sappiamo: pensano che per tutelarsi basterebbe introdurre nella futura legge elettorale proporzion­ale una seria clausola di sbarrament­o. Dove non si capisce se ci credano sul serio o lo dicano solo per gettare un po’ di fumo negli occhi di chi li ascolta. Sappiamo tutti che si possono escogitare mille sotterfugi per aggirare le clausole di sbarrament­o: mica siamo tedeschi, che diamine. Soprattutt­o, costoro non tengono conto del fondamenta­le principio che ispira la competizio­ne in regime di proporzion­ale. Se con il sistema maggiorita­rio, per lo più, divisi si perde, ossia c’è una forte spinta a formare coalizioni elettorali (sia pure con eccezioni: vedi il successo dei 5 Stelle nelle due ultime elezioni nazionali), con il proporzion­ale vale il principio opposto: ciascuno per sé. O anche: divisi si vince. Il proporzion­ale incoraggia le scissioni. Per questo sono ormai fuori tempo massimo le varie proposte di alleanze organiche che vengono di tanto in tanto avanzate a destra o a sinistra.

Si illudono quelli che pensano che le forze politiche della futura età proporzion­ale saranno più o meno le stesse di oggi. Con il proporzion­ale crescerann­o le spinte centrifugh­e all’interno del Pd , di Forza Italia, e anche dei 5 Stelle. Sorgerà, inoltre, una forte «domanda di centro», una diffusa richiesta di dare vita a un qualche rassemblem­ent centrista. Poiché non ci sono partiti per tutte le stagioni, è dubbio che possa essere Forza Italia a soddisfare quella domanda.

Bisogna anche chiedersi: quando, in regime di proporzion­ale, si ridefinira­nno identità ed equilibri, come sarà possibile conciliare ciò con la perdurante logica maggiorita­ria prevalente nei Comuni e nelle Regioni, là dove centrodest­ra e centrosini­stra continuano, e continuera­nno, ad avere un peso e un ruolo? Speriamo che a Roma, prima o poi, non si imponga l’esigenza di «superare» la logica maggiorita­ria anche sul piano locale e regionale. In Italia, purtroppo, non ci si fa scrupoli a gettare via le cose che funzionano.

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