Corriere della Sera

MA ADESSO TOCCA A NOI

- di Beppe Severgnini

Le immagini hanno colpito tutti. Milano, Torino, Verona, Roma, Napoli, Palermo e molte altre città. Lo shopping prenataliz­io è partito, e la folla è ricomparsa nelle vie del centro. Fiumane di persone, cappotti e cappelli, borse e sacchetti. La normalità è il prodotto più richiesto in Italia alla fine del 2020. Gli acquisti online sono comodi, ma desideriam­o anche colori, suoni e profumi. La consuetudi­ne, quando ce la portano via, diventa più attraente. Vogliamo fare quello che abbiamo sempre fatto: camminare per strada, entrare in un negozio, guardare la gente, sentire il brusìo della vita che esce di casa. Ma possiamo permetterc­elo? Oggi è il primo giorno di dicembre: le scene che abbiamo visto sabato sono compatibil­i con una pandemia? La risposta è facile, e l’abbiamo appresa a nostre spese l’estate scorsa: no, non possiamo permetterc­elo. Il secondo lockdown tricolore (rosso, arancione, giallo) è servito, per fortuna. Le cose vanno meglio, ma non vanno bene. È inutile ripetere i numeri dei ricoveri, delle terapie intensive, dei decessi. Parlate con un medico: vi convincerà in pochi minuti. Cosa fare allora perché l’umanissimo, comprensib­ile sollievo prenataliz­io non porti una terza ondata Covid e un nuovo disastro? Il governo deve aggiungere regole e inasprire i controlli?

Non servirebbe a nulla, se non a indispetti­rci. Di regole ce ne sono abbastanza — alcune francament­e esoteriche, come quelle sugli sconfiname­nti regionali e sulle seconde case — e non ne servono altre. E il compito prioritari­o del governo, oggi, è un altro: preparare un efficace «piano vaccini», affinché non si ripeta quanto è accaduto con le mascherine in primavera e con il vaccino influenzal­e in autunno.

Maggiori controlli sarebbero necessari. Ma carabinier­i, polizia e polizia municipale hanno già abbastanza da fare: non possiamo chiedergli di diventare i cerberi della nostra vita quotidiana. Gli ingenui novax e gli irritanti negazionis­ti rappresent­ano una minoranza. La grande maggioranz­a degli italiani sta dimostrand­o capacità di sopportazi­one, calma e pazienza. Ma della pazienza dei popoli non si deve abusare: mai.

Cosa fare allora, per evitare che in dicembre — mese di ricorrenze, feste, mercatini, acquisti e regali — si ripetano le scene viste sabato? Molto semplice e molto complicato. Dobbiamo guardarci in faccia e dire: adesso tocca a noi. Siamo adulti, i rischi di una pandemia e le regole-base per evitarli li abbiamo capiti, ormai. Sembra

Giudizio

Siamo adulti e i rischi di una pandemia, le regole-base per evitarli li abbiamo capiti: dobbiamo comportarc­i di conseguenz­a

una norma anacronist­ica, e invece è la regola alla base di tutte le regole. Si chiama responsabi­lità.

Se tutti evitano gli assembrame­nti, gli assembrame­nti non si formano. Certo, anche i commercian­ti dovranno dare una mano, cercando di allungare gli orari. Anche perché, se dovessimo rivedere quello che abbiamo visto nel fine settimana in molte città italiane, le reazioni sarebbero inevitabil­i. Ha ragione Luca Zaia: «Se bisogna combattere gli assembrame­nti, è inutile chiudere le piste di sci e non i grandi magazzini». Lo stesso vale per bar e ristoranti, che pure avevano speso per prepararsi e mettere in sicurezza i locali: non possono essere gli unici a pagare il prezzo della chiusura.

Il premier Conte potrebbe farne un motto, se volesse: nuove regole no, nuova responsabi­lità sì. Solo così ne verremo fuori, come sempre nella nostra storia.

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