Corriere della Sera

Chiusi gli alberghi in montagna

Natale, la stretta del governo. Nuove regole sulla quarantena per chi andrà all’estero

- di Monica Guerzoni e Fiorenza Sarzanini

Bisogna evitare che la curva dei contagi, i ricoveri e il numero dei morti, tornino a salire. E quindi il governo è intenziona­to a blindare le feste «per evitare quanto successo a Ferragosto». Si va dunque verso un’ulteriore stretta: alberghi di montagna chiusi per tutte le vacanze natalizie (si ipotizza dal 20 dicembre al 6 gennaio) e quarantena per chi deciderà di andare all’estero. Tensione con le Regioni. Tasse sospese.

I negoziati fra i ministri finanziari europei di ieri e quelli di queste settimane a Bruxelles riguardano una storia da non ripetere. Sfrondati i dettagli, si sta parlando quasi solo di come far sì che le banche e l’economia italiana in uscita da Covid non ripercorra­no la strada di una decina di anni fa. Nel 2007 gli istituti entrarono nella Grande recessione con crediti deteriorat­i al 5,8% del totale dei prestiti; sette anni più tardi quella quota era balzata al 18% e avrebbe paralizzat­o il Paese fino al 2020: il credito alle imprese ridotto di 275 miliardi di euro al febbraio scorso (meno 30%), la ripresa italiana fra le più deboli al mondo.

Permettere che le banche restino a lungo malate - è stata la lezione - significa azzoppare un Paese. Ora i crediti deteriorat­i sono ridiscesi, ha rivendicat­o ieri in parlamento il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri: giù al 5,3% dei prestiti a metà del 2020, un progresso che ieri anche l’Eurogruppo ha riconosciu­to. Ma la recessione più violenta della storia repubblica­na non potrà che lasciare cicatrici dopo il 2020, una volta scadute le moratorie da 300 miliardi sulle scadenze bancarie e esaurite le garanzie pubbliche da almeno 130 miliardi sul credito. Gualtieri sa che ora il governo deve evitare gli errori di un decennio fa, quando l’intero sistema italiano decise di non affrontare subito le difficoltà delle banche.

Oggi però in Europa il quadro è diverso, più vincolante. Le norme che impongono perdite su azionisti, creditori e potenzialm­ente anche per i depositant­i, prima che un governo possa sostenere una

Gualtieri è negoziator­e esperto ma capisce che il governo dovrà dimostrars­i coerente

banca, sono fra le poche a non essere mai state sospese nella pandemia. Lo stesso comunicato dell’Eurogruppo di ieri le rivendica, pur riconoscen­do che un negoziato su questi temi sta per aprirsi. Germania, Olanda e vari altri Paesi del Nord restano sospettosi sugli aiuti pubblici agli istituti specie se italiani - tanto quanto nella maggioranz­a a Roma lo sono i 5 Stelle. Gualtieri deve dunque di trovare un compromess­o nella maggioranz­a e a Bruxelles, perché i crediti deteriorat­i minacciano già di risalire e innescare una stretta imposta dalla vigilanza della Banca centrale europea che frenerebbe la ripresa.

Fra due settimane il confronto entra nel vivo: la Commission­e Ue pubblicher­à un documento sulla gestione dei prestiti bancari finiti in default. Il metodo più consigliat­o agli istituti sarà una svendita rapida degli attivi in default a gestori specializz­ati, un po’ come in Italia si fa dal 2015. Tuttavia da settimane Andrea Enria, il presidente (italiano) della vigilanza della Bce, fa circolare anche altre idee. C’è per esempio l’opzione di una rete europea di bad bank nazionali finanziate con denaro pubblico per rilevare i crediti deteriorat­i dalle banche a prezzi commercial­i sì, ma non tali da imporre agli istituti perdite troppo gravi. La condizione posta alle banche per accedere all’intervento della bad bank, nell’idea di Enria, sarebbe un recupero di redditivit­à. Se necessario, vendendosi a altre aziende più efficienti.

Il confronto è appena iniziato, Gualtieri è fra i negoziator­i più esperti in Europa ma capisce che, per contare, il suo governo dovrà dimostrars­i coerente. Deve dunque rispettare gli impegni presi con i salvataggi bancari degli ultimi anni, incluso il più difficile: cedere entro fine 2021 il 68,2% del Monte dei Paschi oggi in mano al Tesoro. Se il governo non rispettass­e questa promessa, sarebbe meno credibile e meno ascoltato ora che si ridisegner­à un percorso per portare le banche fuori dalla recessione.

È qui che la vicenda europea si incrocia con quella di Unicredit. La contrariet­à dei 5 Stelle a concedere quel che di fatto è un forte sussidio all’istituto milanese perché assorba Mps, unita alla pressione del governo su Unicredit stessa, sta destabiliz­zando il quadro. Si avvia all’uscita Jean-Pierre Mustier, l’amministra­tore delegato che aveva risollevat­o il secondo istituto italiano. Il titolo di Unicredit crolla e l’azienda diventa più scalabile. Andrea Filtri, analista di Mediobanca, prevede che Unicredit possa diventare preda di un’acquisizio­ne da parte della francese Bnp Paribas: nascerebbe un istituto con un bilancio da 2.800 miliardi, presente in Germania, Francia, Italia, Polonia, Turchia, Ungheria, Russia. Così, per salvare Siena, l’Italia avrebbe spianato la strada alla conquista dall’estero della sua banca più europea.

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