I ragazzini che uccidono a 14 e 15 anni
Monza, la vittima (42 anni) è stata colpita con venti coltellate. Il movente della droga
«Ci dava la droga, volevamo punirlo». Sono due ragazzini gli assassini di Cristian Sebastiano, 42 anni, ucciso domenica mattina alla periferia di Monza. A soli 14 e 15 anni i due non hanno esitato a impugnare un coltellaccio da cucina e calarlo per venti volte sul corpo del rivale. Sua la colpa della loro schiavitù, dicono, ma per i carabinieri il movente è un’altra storia.
Una testimone ha raccontato d’aver visto per due volte quei ragazzi, poco più che bambini, bloccare la vittima mentre tentava di scappare e trascinarla sotto al porticato per colpirla di nuovo. Venti coltellate, due alla gola, che domenica mattina hanno ucciso Cristian Sebastiano e i suoi 42 anni alle case Gescal di San Rocco tra botte di cocaina, comunità di recupero e infinite ricadute.
Gli assassini hanno 14 e 15 anni e come la vittima, sono figli di questa Brianza mangiata dalla droga, delle sue case popolari, dei giorni trascorsi al parchetto tra canne e video gangsta su Instagram. Di quella «ordinaria sofferenza», per usare le parole del procuratore dei minori Ciro Cascone, che ha incredibilmente unito le vite di vittima (presunti) assassini e delle loro famiglie.
Quattro ore dopo averlo ammazzato, e avergli rubato i 5 grammi di cocaina per i quali poco prima di mezzogiorno s’erano dati appuntamento sotto ai palazzi di via Fiume, i due ragazzi si chiudono in casa e sniffano quasi metà della droga. E ancora a sera, dopo essere stati fermati dai carabinieri, sono gelidi e lucidi nel negare ogni loro coinvolgimento. Solo alle cinque e mezza di mattina arriva la confessione e scatta il fermo per omicidio volontario aggravato dalla premeditazione. Crollano insieme raccontando un movente che per gli inquirenti resta ancora tutto da verificare.
È il 14enne, originario di una famiglia africana ma nato a Monza, ad addossarsi la colpa delle coltellate. Dice che il piano era soltanto quello di una rapina. E che per questo s’erano presentati in via Fiume
con un grosso coltello da cucina. L’amico, di un anno più grande, lo conferma. Quando Cristian Sebastiano viene colpito lui non scappa, anzi tiene la vittima mentre cerca di fuggire. «Non mi spiego cosa possa aver fatto — dice il fratello —, fumava qualche canna, ma non è mai stato un violento. Siamo senza parole». I due amici vengono ripresi dalle telecamere mentre camminano tranquillamente dopo il delitto.
Sebastiano era diventato il tormento del 14enne. I due si incontravano fuori dal Sert. «Lo odiava, perché era stato lui a portarlo a drogarsi», ha raccontato il 15enne nel suo interrogatorio. «Ora lo tormentava». Quando la vittima si trova davanti il coltello urla il nome del 14enne. Ed è questo, racconteranno i ragazzi, a far sfociare il tentativo di rapina in un omicidio.
Per gli investigatori però c’è ancora molto da scavare sul movente del delitto. Forse i due amici avevano un debito con la vittima, o c’entrano altri giovani del San Rocco che con i due arrestati gestiscono un piccolo giro di spaccio. È il sospetto del tenente colonnello Luca Romano e del tenente Alessandro Monti del Nucleo investigativo e della Compagnia di Monza.
Nel tardo pomeriggio di domenica, quando nelle case dei due ragazzi vengono trovati i vestiti sporchi di sangue, il coltello (dal 14enne) e la scatola che lo conteneva (dal 15enne), il pm Sara Mantovani lascia le indagini alla Procura dei Minori di Milano. «Quel ragazzino veniva a casa nostra a mangiare — racconta Michele Sebastiano, il padre della vittima —. Devono pagare fino in fondo». Cristian Sebastiano aveva iniziato a farsi quando aveva 14 anni e ora riforniva i due ragazzini. Poi il padre abbassa la testa e unisce i pollici e gli indici delle mani a formare un cerchio: «Conosco la vita che ha avuto mio figlio, i suoi problemi con la droga. Loro sono assassini ma hanno avuto gli stessi problemi di mio figlio. È come se la loro storia fosse tutta in un unico cerchio».