Corriere della Sera

Fondi Ue, no renziano alla task force Il governo: a decidere sarà la politica

Tensioni tra gli alleati, Palazzo Chigi rassicura sui manager: compiti di vigilanza tecnica

- di Monica Guerzoni

I 209 miliardi del Recovery ROMA dividono il governo e riaprono strappi con i partiti che Giuseppe Conte sperava di aver rammendato. Offesi per le parole del premier ieri al

Corriere, i renziani annunciano che si faranno sentire su tutti i dossier, dai soldi dell’Europa al Mes, passando per la legge di Bilancio. E la confusione è tale che a sera da Palazzo Chigi arriva una nota «per fare chiarezza».

Il premier assicura che l’Italia è «nella dirittura finale per l’approvazio­ne del Recovery plan». E spiega che toccherà ai ministri e non a lui solo «approvare la selezione finale dei progetti». Una «scelta politica», visto che tutti gli esponenti della squadra gialloross­a sono nel Ciae, il Comitato interminis­teriale per gli affari europei. E per smentire la tentazione di arroccarsi a Palazzo Chigi, Conte ribadisce che «ovviamente il Parlamento sarà coinvolto» e ci sarà il confronto con le parti sociali.

Il vertice per fare il punto sulla gestione dei fondi ieri è saltato e forse si terrà oggi, segno che l’annuncio di una cabina di regia formata da Conte e dai ministri Gualtieri e Patuanelli continua a generare gelosie e incomprens­ioni. A Italia viva la struttura politica a tre proprio non piace, per Matteo Renzi dovrebbe essere il Cdm a seguire l’iter dei progetti e monitorare le spese. «Di task force ne abbiamo avute anche troppe», stoppa la tentazione di Conte di «fare da solo» Ettore Rosato.

Attaccato da Matteo Salvini («Ma siamo matti, una task force con 300 persone?») e criticato da Iv e Pd, Conte aggiusta il tiro e spiega che la cabina di regia «non ha poteri decisori, ma di vigilanza politica sull’esecuzione e sul rispetto dei tempi». E di nuovo assicura che il comitato esecutivo ristretto informerà periodicam­ente il Ciae e il Parlamento. Quanto alla struttura con i sei manager «avrà compiti di vigilanza tecnica, coordiname­nto e monitoragg­io e, solo in casi estremi, poteri sostitutiv­i».

Preoccupaz­ione e disagio filtrano anche dai vertici del M5S, dove si teme che la cabina di regia si trasformi in una nuova «passerella» per Conte.

Ma le frizioni più forti si registrano con Italia viva. Dopo il colloquio di qualche giorno fa, Renzi pensava di essere riuscito a reimpostar­e i rapporti con il premier sul registro del dialogo. Ma poi il timore del capo del governo che alcuni esponenti di maggioranz­a spingano per il rimpasto «per ambizione personale», ha riportato indietro le lancette. E anche se Palazzo Chigi nega che l’avvocato abbia mai pensato simili giudizi, la delusione tra i renziani è forte: «Se Conte pensa che stiamo lavorando in silenzio da un anno per una poltrona in più, la dia pure a Brunetta». Non è vero che Renzi vuole fare il ministro? «Invenzioni», giura Rosato.

La posizione ufficiale sta nella formula con cui Rosato fa sapere che «Italia viva espliciter­à la propria posizione ai tavoli della coalizione e in Parlamento durante la sessione di Bilancio». Insomma, il partito nato dalla scissione del Pd si è sentito «attaccato duramente» e non voterà più niente a scatola chiusa: «Non accetterem­o sorprese e forzature, come la patrimonia­le». Avvisi risuonati anche al tavolo sul programma convocato dal ministro Federico D’Incà, dove Italia viva ha lamentato che «il governo rinvia tutto all’infinito».

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