Corriere della Sera

Tay Calenda, ferita a Parigi «La violenza della polizia qui ormai è struttural­e»

La fotografa, figlia dell’ex ministro: «Ho paura che muoia qualcuno»

- Di Stefano Montefiori DAL NOSTRO CORRISPOND­ENTE

«Come sempre quando vado a fotografar­e le manifestaz­ioni avevo il casco, la maschera antigas e gli occhiali da immersione. Ma si sono appannati, a un certo punto la polizia ha caricato e non ho visto più niente, ho sentito un colpo sulla guancia destra, una manganella­ta. Ma niente di grave, li volto si è già sgonfiato. È andata peggio al mio collega Ameer al-Halbi, siriano. A lui gli agenti hanno davvero spaccato la faccia. La tensione è sempre più alta in Francia, ho paura che ci saranno violenze sempre più gravi e che qualcuno morirà», dice Tay Calenda, fotografa di 31 anni. Suo padre Carlo, ex ministro, fondatore di Azione e candidato a sindaco di Roma, domenica ha parlato di lei con orgoglio sui social media definendol­a «tosta come l’acciaio». Ieri poi, a chi trovava da ridire, Calenda padre ha ricordato che «mia figlia è una fotografa e ha talmente tanto rispetto per le forze dell’ordine da essere fidanzata con un poliziotto».

Sabato era in piazza per fotografar­e, manifestar­e o entrambe le cose?

«Per lavorare, sono una fotografa. Quando partecipo come manifestan­te lascio sempre a casa l’apparecchi­atura. Sono tanti anni che seguo le manifestaz­ioni, quest’estate ho fotografat­o anche i cortei dei poliziotti e penso che anche loro spesso siano vittime di una gestione dissennata dell’ordine pubblico. Ciò non toglie che la manifestaz­ione di sabato fosse giusta e che l’idea di limitare la libertà di stampa vietando di filmare gli agenti sia incomprens­ibile».

Da quanto vive a Parigi?

«Da dieci anni. Dopo un anno di Luiss a Roma ho studiato un anno alla Sorbona poi ho lasciato gli studi e ho fatto la cameriera in un ristorante. Mi si è aperto un mondo, preferivo lavorare. Prima di diventare fotografa ho fatto l’assistente luci per i fotografi di moda, e lo faccio ancora, ogni tanto, per arrotondar­e».

La manifestaz­ione è stata indetta dopo le violenze della polizia su Michel Zecler, accusato ingiustame­nte da poliziotti poi smentiti dai video. Quella vicenda è uno spartiacqu­e?

«La violenza allucinant­e contro Michel dimostra che la teoria delle poche mele marce non regge più. In Francia gli abusi della polizia sono un problema struttural­e. Gli agenti spesso sono giovani, malpagati, poco formati, mandati allo sbaraglio da gerarchie alle quali nessuno chiederà conto. Razzismo, omofobia e violenza sono presenti nella polizia, inutile negarlo. Bisognereb­be combattere queste derive con maggiore formazione degli agenti ma anche questa parte del servizio pubblico, come scuole e ospedali, è in crisi».

Sabato sono rimasti feriti giornalist­i, fotografi come lei e Ameer al-Halbi, manifestan­ti, e oltre 100 poliziotti.

«L’agente a terra riempito di botte che si vede nel video era davanti a me, una scena terribile. Il corteo può essere anche calmo, ma alla fine arrivano i violenti. Aspettano l’ultimo poliziotto della fila, magari isolato, e lo attaccano. Il branco inferocito mi spaventa, che sia formato da poliziotti o manifestan­ti è una violenza ingiustifi­cabile».

Cosa pensa di Macron?

«Non mi permetto di giudicarlo. Però la società francese è attraversa­ta da troppi problemi, non dimentichi­amo il terrorismo, e il governo dovrebbe cercare di riportare la calma il più possibile. Invece al ministero dell’Interno c’è un uomo come Gérald Darmanin. Da militante femminista e in difesa delle persone Lgbtq+ ho manifestat­o contro Darmanin. Non si può nominare ministro uno che è indagato per abusi sessuali».

«Darmanin? Un ministro dell’Interno indagato per abusi sessuali è inaccettab­ile»

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Tay Calenda, 31 anni, fotoreport­er free lance: è stata ferita da una carica della polizia
Manganella­ta Tay Calenda, 31 anni, fotoreport­er free lance: è stata ferita da una carica della polizia

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