Corriere della Sera

Lo Stato torna nell’Ilva Entra Invitalia al 50%, maggioranz­a nel 2022

Siglata lettera d’intenti, accordo l’11. Il nodo esuberi

- Michelange­lo Borrillo

Lo Stato torna nella gestione dell’Ilva. Venticinqu­e anni dopo il passaggio dell’ex Italsider ai privati del gruppo Riva — che il 16 marzo del 1995 si aggiudicar­ono il colosso dell’acciaio di Stato battendo la concorrenz­a di Lucchini — il pubblico torna a gestire la più grande acciaieria d’Europa (la proprietà degli impianti rientra già nella sfera pubblica, facendo attualment­e capo a Ilva in amministra­zione straordina­ria). E lo fa attraverso Invitalia, così come previsto dal memorandum of understand­ing, la lettera d’intenti firmata ieri che sarà tramutata nell’accordo vero e proprio il prossimo 11 dicembre. Nel dettaglio, Invitalia — assistita come advisor dallo studio Irti — entrerà in Am Investco, società di ArcelorMit­tal, al 50%, per poi prendere la maggioranz­a, incrementa­ndo la quota al 60% nel 2022. Vengono confermati — così come concordato nella video call di ieri mattina tra esponenti di Mise, Mef, Invitalia, ArcelorMit­tal e Ilva in As — gli impegni assunti nell’intesa del 4 marzo: produzione a regime di 8 milioni di tonnellate (almeno 5 dal 2021) e 10 mila e 700 addetti, oltre che ingresso dello Stato con la conseguenz­a principale della permanenza nel gruppo siderurgic­o del socio privato ArcelorMit­tal.

Che, in alternativ­a, avrebbe potuto abbandonar­e la partita vinta nel giugno del 2017 con l’aggiudicaz­ione dell’ex Ilva, pagando una penale di 500 milioni di euro.

In attesa che vengano definiti gli aspetti finanziari dell’operazione e la governance (il nuovo cda con consiglier­i designati in parti uguali dai due soci individuer­à presidente e ad), la svolta pubblica è stata illustrata dai ministri dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, del Lavoro, Nunzia Catalfo, e dall’amministra­tore delegato di Invitalia, Domenico Arcuri, ai rappresent­anti di Fiom, Fim e Uilm. «Una decisione importante», è stato il commento all’unisono dei sindacati, ma che proprio perché importante, va approfondi­ta. «Che lo Stato entri negli asset strategici di questo Paese, nella siderurgia — ha sottolinea­to la segretaria generale della Fiom Francesca Re David — è una garanzia e una scelta di politica industrial­e. Riteniamo però che sia ancora insufficie­nte la quantità di informazio­ni date. Per noi il cambiament­o deve significar­e il rilancio della siderurgia, l’ingresso delle migliori tecnologie verdi, la salvaguard­ia dell’intera occupazion­e». Un tasto su cui battono anche Fim e Uilm: «Sarà fondamenta­le — ha evidenziat­o il segretario della Fim Roberto Benaglia — garantire l’occupazion­e per i lavoratori che stanno attraversa­ndo una lunghissim­a traversata nel deserto, compresi quelli di Ilva in As». E per Rocco Palombella (Uilm) è «inaccettab­ile un piano che dovrebbe prevedere il rientro graduale dei 4.700 lavoratori ora in cassa integrazio­ne (3 mila in ArcelorMit­tal e 1.700 in Ilva in As) entro il 2025: non è possibile una transizion­e con 4.700 esuberi».

4.700

I lavoratori in cassa integrazio­ne (3 mila in ArcelorMit­tal Italia e 1.700 nell’Ilva in amministra­zione straordina­ria)

Per Fiom, Fim e Uilm non si potrà prescinder­e dalla piena occupazion­e

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