Grosjean in fuga dall’incubo Quel piede scalzo e il dottore eroe
Agli amici Romain Grosjean ha detto che vuole guidare il 13 dicembre ad Abu Dhabi, nell’ultima gara della stagione (questa domenica nel secondo Gp del Bahrein sarà sostituito dal collaudatore Pietro Fittipaldi, nipote di Emerson). Non vuole lasciare la F1 con brutti ricordi, è di ottimo umore, i medici stanno trattando le bruciature alle mani e a una caviglia e già oggi potrebbe lasciare l’ospedale militare di Manama. Con la moglie Marion si sono conosciuti in pista anni fa, lei faceva l’inviata per tv francese e lui correva nella Gp2 (ora F2). Lei gli ha scritto per raccontargli come ha spiegato ai tre figli, Sacha, Simon e Camille, l’«inspiegabile»: «Papà è un supereroe». È vero, e altri dettagli, emersi dalle analisi sullo schianto, lo confermano: dopo aver colpito il guard-rail la macchina si è divisa in due parti, la benzina persa dal serbatoio ha innescato il fuoco. Il pilota della Haas si è trovato all’interno della cellula di sicurezza dall’altra parte della barriera, nell’impatto si è danneggiata anche la pedaliera. Si è aggrovigliata complicandogli la fuga. Quando è saltato fuori dall’inferno Romain aveva una scarpa sola, quella destra: al piede sinistro solo un calzino che comunque lo ha protetto da ustioni più gravi. Nei 28 secondi più lunghi della sua vita, il francese — rimasto sempre cosciente — ha avuto la lucidità di liberarsi della scarpa, slacciare le cinture di sicurezza a sei punti, togliere lo sterzo dal piantone, abbandonare la monoposto, non aprire la visiera del casco che per il calore si stava squagliando. Casco e balaclava lo hanno protetto dai fumi velenosi. Conosceva la procedura, la ripeteva nelle esercitazioni, ma in «una situazione così — commenta dal Bahrein Riccardo Ceccarelli, medico dei piloti e fondatore di Formula Medicine — è stato l’istinto di sopravvivenza a guidarlo più che l’addestramento. Non mi colpisce la freddezza, questi ragazzi lo sono sempre altrimenti non potrebbero andare a 300 all’ora». «L’incidente ci ha ricordato il pericolo del fuoco, sembrava dimenticato, ed è il segnale che sulla sicurezza c’è sempre da imparare: per fortuna la Fia è costantemente al lavoro». L’urto sarà studiato, l’inchiesta federale è già partita e dovrà rispondere su molti punti, la tragedia è stata evitata dai progressi tecnologici, dai tempestivi soccorsi, ma pure dalla fortuna. L’impatto è avvenuto al primo giro quando l’auto medica era ancora in pista. Dall’ospedale Grosjean ha ringraziato i suoi «angeli custodi» che lo hanno salvato dal fuoco. Fra questi Ian Roberts, coordinatore del soccorso medico della Fia. Rianimatore e anestesista, lavorava sugli elicotteri del pronto intervento prima di diventare dottore-capo di Silverstone. È cresciuto alla scuola di Sid Watkins, ha perfezionato le tecniche di estrazione con l’Halo (l’aureola di protezione), quando è giunto sul luogo dello schianto era pronto al peggio, alla procedura «Fast extrication» per liberare il pilota. Poi lo ha visto mentre stava uscendo e si è fatto largo nel fuoco per aiutarlo —«Avevamo pochi secondi» —, gli ha parlato dolcemente come scrive nei suoi manuali di pronto soccorso: «Una voce rassicurante in uno scenario così può essere davvero importante».