Corriere della Sera

Caro Diego dove sei? Ti sento vicino...

«Certo che ci hai fatto un bello scherzo Però dimmi: come stai? Che sollievo Sono davvero felice di saperlo»

- di Ciro Ferrara

La testimonia­nza di affetto di Ciro Ferrara, campione, amico, compagno di Maradona: parole intense dopo una immaginari­a telefonata da lassù... di Diego

«Pronto? Ma sei proprio tu? Davvero? Speravo in questa tua chiamata. Subito ho tenuto il telefono spento, avevo bisogno di raccoglier­mi in silenzio e di elaborare intimament­e l’accaduto. In quest’ultima settimana ho trascorso diverse ore ad osservare il display illuminars­i, leggevo i numeri che comparivan­o, i nomi che lampeggiav­ano. Ero in attesa, come se me lo sentissi. Ma...nulla.

Invece, stamattina mi hai preso in contropied­e eh… chi meglio di te lo sa fare? Sono successe tante cose in pochi giorni. Si, immaginavo che ti avrebbe commosso sapere che le strade di Napoli si sono riempite di gente dallo sguardo triste, di tutte le età, uomini, donne, ragazzini... La luce di un’intera città si è velata, tutto è diventato doloroso e scuro. Ci è mancato improvvisa­mente il sangue caldo nelle vene. Non eravamo pronti. No, non lo eravamo. Sei sempre stato furbo e veloce ad eseguire le giocate più imprevedib­ili e ci hai sorpreso di nuovo, mannaggia a te! Anche a Buenos Aires la gente ha riempito le strade per salutarti un’ultima volta. Una folla impression­ante, credimi... Nessun lockdown avrebbe fermato le centinaia di migliaia di persone che desiderava­no portarti un fiore o una dedica. Chi ti vuole bene ha pianto tutte le sue lacrime, e quel mercoledì di novembre resterà per molti uno dei giorni più tristi della vita.

Come dici? Vuoi sapere come abbiano reagito nelle altre parti del mondo? Eh, ma come faccio a raccontart­i tutto? Ovunque ti hanno commemorat­o. Perfino Papa Francesco ti ha dedicato un tweet. Lo avresti detto?

Il tuo adorato mondo, quello del calcio, ti ha pianto su tutti i campi del pianeta: i nostri colleghi si sono fermati a renderti omaggio, immobili e con gli occhi gonfi; minuti di silenzio pesante si sono sommati da ogni parte. Anche gli atleti di altri sport hanno espresso il sentimento di altissima ammirazion­e per il tuo incredibil­e talento: gli All Blacks si sono scatenati in una danza Haka di addio, muscolare e potentissi­ma, commovente come solo un grido istintivo di dolore può essere.

È stato pazzesco, una roba mai vista. Ma a me non pare affatto inspiegabi­le: perché chi ha potuto ammirarti e conoscere la tua meraviglio­sa arte di toccare il pallone ti ha amato con intensità. Ma chi ti ha conosciuto bene sa che tu sei anche molto altro.

Nonostante oggi il mio cuore sia spezzato, rendermi conto della misura dell’amore che la gente di tutto il mondo nutre per te mi ha gratificat­o infinitame­nte, ha accarezzat­o le ferite di un dolore grande e bruciante, che fatico a gestire.

Come tuo grande amico, la consolazio­ne più dolce è la fortuna di aver fatto parte delle pagine del tuo romanzo. Adesso che sento la tua voce, sono attraversa­to da una bella vibrazione di conforto, nutriente. Mi mancava la tua voce, sai? Riconosco questa energia che mi pervade e mica se ne va: la avverto sempre e comunque, specie quando affiorano i ricordi più belli. È una scossa magica, inebriante. La stessa sensazione che provavo ogni volta che ti vedevo entrare in campo. Pensi stia esagerando? Dai, Diego, sei sempre stato troppo umile e modesto con noi, parlavi di te come di un «giocatore normale». Ma se tu eri normale, noi altri cosa eravamo? Non ti sei mai reso conto di quale differenza ci fosse tra te e i tuoi compagni di squadra? Ok, non rispondere... tiene semp a stessa capa, tanto non lo ammetterai mai.

Tu si’ ‘na cosa grande, Diego. Che diavolo hai scatenato? Che hai combinato su questa Terra? Ti hanno paragonato ad un dio umano, ma qualcuno ha storto il naso di fronte ad una celebrazio­ne tanto osannante. E come glielo spieghiamo a questi? Gli innamorati vedono sempre l’amato simile ad un dio, c’è fior di letteratur­a a dimostrarl­o. In amore si amplifica ogni spunto di bellezza, ma c’è chi non accetta un mondo intero adorante, spezzato e addolorato per la tua perdita. Vuoi sapere i nomi? Lascia perdere, tanto alcuni nemmeno li conosci.

Hai commesso troppi errori — dicono i padri del moralismo — e non ti perdonano.

Eppure tu lo hai sempre detto, no? Non ti è mai interessat­o piacere a tutti, figuriamoc­i diventare modello di perfezione a cui tendere. Però c’è chi davvero si danna perché non venga riconosciu­to il tuo valore più grande: essere così come sei, un antieroe dai sentimenti nobili e puri, che tutti conquista. Sei stato condannato dalla tua stessa grandiosit­à ad una sovraespos­izione micidiale, con un faro indagatore puntato sulla tua umanità fragile e fallace. Lo so, questo non è giusto. Ma non badarci, i sentimenti a caldo sono spesso scomposti e turbolenti. Ti basti sapere che c‘è sempre chi rema controcorr­ente per il solo gusto di farlo, è una miserabile scorciatoi­a, per ottenere la visibilità che difficilme­nte avrebbe.

La tua vita terrena ti ha già presentato un conto salato e non hai più debiti con nessuno, staje senza penzier‘.

Certo che ci hai fatto un bello scherzo eh?! Te ne sei andato troppo presto... che peccato, avremmo potuto fare ancora tante cose insieme. E dillo agli inglesi, che aspettano ancora le tue scuse dal 1986. Avevi espresso il desiderio di scusarti, ma non lo hai mai fatto. E adesso? Come la mettiamo? Sorridi, eh? Lo conosco quel sorriso... Hijo de puta...Chi può dirti qualcosa ormai? Quel gol resterà nella storia come un gioco di prestigio strabilian­te, di cui nessuno conoscerà mai il trucco. A questo punto, credo che si siano messi il cuore in pace pure nel Regno Unito, dove ti hanno celebrato come si deve, riproponen­do tra i tuoi gol più belli proprio quello della discordia. Un perdono simbolico e definitivo.

A proposito di simboli definitivi, ma lo sai che la città di Napoli ha avviato la pratica per intitolare a tuo nome lo Stadio San Paolo? Ti assicuro, è così. Stadio Diego Armando Maradona. Suona bene eh?! Non ti ci mettere anche tu, che ci siamo emozionati già abbastanza noi.

Ma scusa...mo’ racconta... dove ti trovi? Ti sento vicino. Dicono che tu sia partito per una trasferta, però questa volta te la potevi pure evitare. Saresti stato assente giustifica­to e avresti fatto felici tutti quanti noi rimasti qui, ad aspettarti. Ricordi quante volte ti abbiamo aspettato al campo? Vi erano giorni in cui sapevamo che saresti arrivato e altri in cui capivamo subito che non ti avremmo visto fino all’indomani. Certe volte, invece, ci mandavi al manicomio con le tue comparsate a sorpresa! Proprio quando non ci contavamo più, ti materializ­zavi davanti a noi, come un bimbo impaziente di iniziare, e ci guardavi come a dire: «Che fate lì impalati? Giochiamo, no?» Che bello sarebbe ridere ancora insieme di gusto, come facevamo da ragazzi...

Vorrei che tornasse uno di quei giorni in cui resto al campo ad aspettarti, per vederti arrivare proprio quando il destino sembra avere ormai pronunciat­o l’ultima parola. Lo vorrei tanto... ma so che è un desiderio irrealizza­bile.

Ora dobbiamo salutarci, immagino.

Facciamolo in fretta, perché sento gli occhi bagnarsi di lacrime. Ma... prima dimmi... Come stai? ... Che sollievo, sono davvero felice di saperlo. Avevo un peso sullo stomaco e molti pensieri. Grazie per la telefonata. Non dimenticar­ti che te voglio bene assaje. Ciao Diego, ciao Capitano».

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Diego Maradona abbraccia Ciro Ferrara, a sinistra esulta Nando De Napoli. È il 17 maggio 1989, il campo è quello dello Stoccarda: il Napoli sta per vincere la sua prima Coppa Uefa
Felicità Diego Maradona abbraccia Ciro Ferrara, a sinistra esulta Nando De Napoli. È il 17 maggio 1989, il campo è quello dello Stoccarda: il Napoli sta per vincere la sua prima Coppa Uefa
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