Corriere della Sera

I fondi e il vero obiettivo: tenersi le mani libere

L’Italia e le risorse europee È fondato il sospetto che l’unica «condizione» che al governo davvero non piace è l’obbligo di spendere i soldi esclusivam­ente per l’emergenza sanitaria

- Di Antonio Polito

Ora che l’Italia sembra aver ormai deciso di non ricorrere al Mes anti pandemia (il Pd ci avrebbe rinunciato in cambio del sì pentastell­ato alla riforma dell’altro Mes europeo, quello salva Stati e salva banche), viene da chiedersi che si farà con la sanità.

L’esecutivo ha già chiesto il via libera al Parlamento per quattro scostament­i di bilancio

Quali e quanti soldi verranno stanziati per fronteggia­re la crisi in corso, per ricostruir­e il sistema, per rafforzare il territorio, per organizzar­e la vaccinazio­ne di massa. Noi cittadini potremmo infatti anche accettare che si decida di spendere un po’ di più all’anno in interessi sul debito (trecento milioni, secondo i calcoli del Tesoro): la politica ha le sue ragioni che la ragione non conosce. Purché però si spenda per la sanità tutto ciò che serve, oggi per gestire questa emergenza e domani per non averne un’altra.

Nasce infatti il fondato sospetto che l’unica «condizione» di quel Mes che al nostro governo davvero non piace è l’obbligo di spendere i soldi solo ed esclusivam­ente per l’emergenza sanitaria, in maniera diretta o indiretta, e di rendiconta­rne l’utilizzo. Per tenersi le mani libere la politica, che non ha mai disdegnato di far debiti, evidenteme­nte preferisce ricorrere all’emissione di titoli sul mercato. Intanto perché al momento costano molto poco, e anche questo lo dobbiamo all’Europa, cioè al massiccio piano di acquisti da parte della Banca Centrale. E poi perché fare debito in questo modo ha il grosso vantaggio che puoi spendere i soldi come vuoi; e anzi, anche non spenderli.

Da quando la crisi è cominciata il governo si è fatto autorizzar­e dal Parlamento quattro scostament­i di bilancio per un totale di deficit aggiuntivo, con conseguent­e aumento dello stock del debito, ben superiore ai cento miliardi.

Questi soldi presi in prestito sono stati stanziati per le cose più varie: cassa integrazio­ne straordina­ria, ristori, bonus, monopattin­i, bici, ristruttur­azioni di case. Molte cose necessarie, altre meno, qualcuna per niente: la discrezion­alità nell’utilizzo dei fondi è un bene prezioso per la politica, che sa usarla anche a fini di consenso.

Ma noi sappiamo quanti di questi soldi sono stati davvero spesi? Ci sono stime, basate sulle sole voci rendiconta­te, secondo le quali più di un terzo di quella cifra potrebbe non essere stata effettivam­ente investita. Perché magari serve una commission­e che non è stata insediata, o un decreto attuativo che non è stato fatto, o sempliceme­nte perché la macchina amministra­tiva italiana ha perso la capacità di spendere. E in questo calderone, quanti soldi sono andati alla sanità? Il ministro Speranza ha dichiarato che sono stati stanziati 9,5 miliardi. Ma quanti effettivam­ente spesi? E se sono stati spesi, sono bastati? È ciò che chiede da settimane Carlo Calenda, finora senza risposte convincent­i. Resta poi da capire quanti altri ne serviranno per tutto ciò che la crisi pandemica ci riserva ancora, dalla campagna dei vaccini a quella dei tamponi rapidi nelle scuole quando riaprirann­o, dal rafforzame­nto dei trasporti pubblici a quello delle unità di assistenza domiciliar­e e delle residenze Covid.

Poiché la nostra preparazio­ne alla seconda ondata a dir poco non è stata impeccabil­e — è mancato perfino l’ossigeno — viene il dubbio che continuand­o così rischiamo ancora. Per mancanza di risorse, innanzitut­to: mai abbastanza di fronte alla più grave pandemia da un secolo. Ma anche per incapacità di spendere, da parte dello Stato centrale e di molte regioni, per disabitudi­ne al rendiconto, per voglia di tenersi le mani libere.

Non ci resta che attendere con ansia i soldi del Recovery fund. Anche quelli sono in buona parte prestiti europei, ma sembrano più graditi: almeno ci si può fare una bella cabina di regia.

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