Corriere della Sera

L’Italia chiusa per le feste

In vigore dal 21 dicembre al 6 gennaio. Natale e Capodanno nel proprio comune. Il caso Valle d’Aosta Il decreto: regioni blindate e stretta sulle seconde case. Ma il governo litiga

- di Monica Guerzoni e Fiorenza Sarzanini

Per le festività natalizie l’Italia sarà blindata. Il nuovo Dpcm prevede il blocco agli spostament­i tra regioni dal 21 dicembre all’Epifania e tra i comuni il 25, 26 dicembre e l’1 gennaio. Nessuna deroga per raggiunger­e le seconde case. Nervi tesi nella maggioranz­a mentre scoppia il caso Valle d’Aosta che con una legge regionale cerca di bypassare il decreto.

Vigilia di tensioni, litigi e dietrofron­t per il ROMA Dpcm di Natale, che conterrà le regole (e le deroghe) destinate a cambiare le abitudini degli italiani. Giuseppe Conte lo firmerà entro stasera, dopo i rilievi delle Regioni e quando, si spera, la maggioranz­a avrà trovato un accordo sugli aspetti più controvers­i. Nell’ormai consueto Consiglio dei ministri notturno il governo ha approvato il decreto che allunga fino a 50 giorni la durata del Dpcm e vieta dal 21 dicembre al 6 gennaio «ogni spostament­o in entrata e in uscita tra i territori di diverse regioni o province autonome». Il 25, 26 dicembre e l’1 gennaio sarà vietato «ogni spostament­o tra comuni», salvo comprovate esigenze lavorative, situazioni di necessità e motivi di salute. E dopo una lunga battaglia sulle deroghe, cui molto teneva il premier, sarà consentito il rientro «alla propria residenza, domicilio o abitazione». Non sarà però permesso spostarsi nelle seconde case fuori regione e, nei giorni di Natale, Santo Stefano e Capodanno, anche fuori dal comune. Altra novità, se sarà confermata, riguarda i raduni nelle abitazioni private. Oltre alla «forte raccomanda­zione a non ospitare persone non conviventi», il governo pensa di porre un tetto agli inviti: non più di 10 persone.

La giornata è stata scandita da confronti anche molto accesi. Italia viva ha lottato (invano) per tenere aperti ristoranti degli hotel la notte del 31 dicembre. Lo scontro che ha fatto più notizia è avvenuto nella riunione tra i capigruppo del Senato e il mini

stro della Salute. Il presidente dei senatori del Pd Marcucci, in asse con i renziani, ha alzato la voce su ricongiung­imenti familiari anche tra regioni diverse e soggiorni nelle seconde case ovunque si trovino. Ma è andato a sbattere contro il muro di Boccia e Speranza, il quale in Aula aveva lanciato l’allarme: «Se abbassiamo la guardia la terza ondata è dietro l’angolo, le prossime festività vanno affrontate con estrema serietà». La rissa nella capigruppo ha avuto echi ai piani alti del Pd. Dal Nazareno, Zingaretti ha stoppato Marcucci: «Condivido le scelte illustrate da

Speranza, non possiamo vanificare gli sforzi fatti». Franceschi­ni, accusato dai renziani e da alcuni dem di aver «dettato una linea più rigida rispetto alle aperture di Conte», ha chiuso la querelle: «Io condivido totalmente la linea del ministro Speranza, che parte dalla certezza che solo sacrifici durante le vacanze natalizie potranno evitare una terza ondata di contagi». Gli strascichi politici rischiano di essere pesanti. Perché se è vero che a Palazzo Madama i dem ex renziani vicini a Marcucci seminano zizzania contro il capo delegazion­e, accusato di essere «il capo di se stesso» e di non farsi mai vedere, è vero anche che tra i dirigenti e i ministri del Pd c’è chi pensa che l’ora di cambiare capogruppo sia vicina.

Un malessere crescente, che nasce dallo stallo su tanti dossier e lambisce anche Conte. I dem sono a dir poco seccati perché il premier, nelle fasi finali della trattativa, ha giocato di sponda con la capo delegazion­e di Iv Teresa Bellanova, indebolend­o la linea del massimo rigore portata avanti da Speranza con Boccia, Franceschi­ni, Gualtieri e Bonafede.

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy