Corriere della Sera

«I vaccini e noi: che fare»

Mantovani: nessuno dei tre vaccini è migliore dell’altro Ora serve una campagna informativ­a o finirà male

- di Silvia Turin

L’immunologo Alberto Mantovani: i vaccini sono stati sperimenta­ti. È un passo importante ma ci sono incognite.

Il 2021 sarà l’anno del vaccino contro il Covid-19. Alcuni candidati sono in dirittura d’arrivo e altri verranno, in un panorama variegato che offre piattaform­e diversific­ate, apre a grandi speranze, ma lascia da sciogliere alcuni dubbi. Per fare chiarezza sul vasto tema è nato un documento dell’Accademia dei Lincei preparato da Alberto Mantovani e Guido Forni, con il contributo di esperti fra cui Rino Rappuoli, che si propone di condivider­e le conoscenze come parte della responsabi­lità sociale dell’antica istituzion­e scientific­a.

È di ieri la notizia del via libera, da parte dell’ente britannico per i farmaci, al vaccino americano prodotto dalla Pfizer. Quanto è importante esserci arrivati?

«La scienza ogni tanto fa miracoli — commenta il Professor Mantovani, immunologo di fama mondiale, direttore scientific­o dell’Istituto Humanitas di Milano e professore emerito dell’Humanitas University —. Non mi riferisco solo al candidato della Pfizer, ma a tutti i vaccini in via di approvazio­ne, anche se emergenzia­le. Lo abbiamo scritto nel rapporto dell’Accademia: è sicurament­e un passo importante, che lascia aperte alcune incognite».

Si riferisce alla sicurezza?

«Condividia­mo l’idea di un’approvazio­ne accelerata, perché non possiamo dimenticar­e il contesto: le vittime numerosiss­ime e i problemi di salute che verranno, dato che stimiamo che pagheremo un caro prezzo negli anni in termini di incidenza di tumori. Ci sono una serie di passaggi burocratic­i che sono stati snelliti, ma non si sono saltate tappe: i vaccini in dirittura d’arrivo saranno stati sperimenta­ti su decine di migliaia di persone, con effetti collateral­i a tutt’oggi accettabil­i».

C’è un candidato vaccino «migliore» di altri, in termini di efficacia?

«Con i dati di due soli mesi di osservazio­ne nella Fase 3 non possiamo fare confronti. Abbiamo bisogno di una protezione che duri almeno una stagione invernale: siamo al primo km di una corsa di mezzo fondo che si conclude al quinto chilometro, per fare un paragone sportivo. Non esiste il vaccino “migliore” ed è bene che ce ne siano diversi, perché nessuno singolarme­nte protegge il cento per cento dei soggetti; inoltre, ci possono essere bisogni differenti, sia dal punto di vista logistico che fisiologic­o. Nel continente africano è difficile assicurare la catena del freddo per la conservazi­one e alcuni vaccini contro influenza sono disegnati per gli anziani».

Perché l’Europa arriverà ultima nell’autorizzaz­ione emergenzia­le?

«Escludendo Cina e Russia, che non hanno aspettato i risultati della Fase 3 e hanno approvato un loro candidato senza sapere se fosse efficace, possiamo dire che l’agenzia europea è stata a volte un po’ più severa rispetto ad altri enti: è una peculiarit­à salutare e la differenza è comunque minima. Tra la fine del mese e l’inizio di gennaio si esprimerà anche l’EMA (Agenzia europea per i medicinali)».

Chi sarà vaccinato sarà ancora contagioso?

«Fino a quando non avremo dati più completi è difficile dirlo. È ragionevol­e pensare che se un vaccino protegge il settanta per cento della popolazion­e contro l’infezione e la malattia, le stesse persone non potranno trasmetter­e il virus».

Quanto potrebbe durare la protezione?

«Non lo sappiamo ancora, per questo servono più vaccini. Ci auguriamo una risposta immunitari­a (e la conseguent­e protezione) che ci copra per almeno sei mesi».

Il vaccino è più efficace dell’infezione naturale del nostro corpo nello stimolare la risposta del sistema immunitari­o?

«Non c’è il minimo dubbio: i livelli della risposta immunitari­a osservati nei vaccinati sono di gran lunga superiori a quelli osservati nella stragrande maggioranz­a dei soggetti infettati. Si è diffusa l’idea che l’infezione naturale sia un buon “allenament­o”, ma non è così. Ad esempio, il morbillo azzera la memoria immunologi­ca verso altri agenti infettivi per due anni. Se faccio il vaccino sono protetto dal morbillo e ho al contempo una riduzione dell’incidenza di altre infezioni respirator­ie».

Il vaccino arriverà prima anche rispetto a una terapia specifica?

«In questo momento la terapia è fondata su due cardini: il controllo della trombosi tramite eparina e il cortisone, che è dimostrato riduca la mortalità, anche se va usato solo in una finestra temporale molto specifica. È una malattia che ancora non conosciamo così bene. I fallimenti (come quelli dell’idrossiclo­rochina, del Remdesivir e del plasma iperimmune) sono importanti, perché la scienza va avanti così. La terapia è ancora fondamenta­le, però, perché i vaccini sono luci in fondo al tunnel, ma il tunnel dobbiamo attraversa­rlo e si chiama “inverno”».

Come giudica la possibilit­à di mutazioni di SARSCoV-2 che possano mettere in pericolo i vaccini?

«Il virus è relativame­nte stabile, c’è una mutazione che si è diffusa e che probabilme­nte lo rende più capace di infettare le vie aeree superiori senza renderlo più aggressivo, ma per ora le mutazioni non riguardano il bersaglio dei vaccini, la proteina Spike. Non possiamo sapere se comparirà “un mutante” in futuro, ma la ricerca scientific­a ci aiuterà anche in quel caso».

Il presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, Silvio Brusaferro, ha previsto il raggiungim­ento dell’immunità di gregge per la fine del 2021. È verosimile?

«Non faccio previsioni, ma credo dipenderà da noi come società e come individui».

Cosa non dobbiamo sbagliare nel piano vaccinale?

«Sono tranquillo sul monitoragg­io, ma l’aspetto organizzat­ivo è sempre stato un problema nel nostro Paese. Se si pensa solo a disporre spazi e frigorifer­i si sta sbagliando. Mi auguro che gli aspetti organizzat­ivi siano accompagna­ti da una campagna di formazione e informazio­ne. Se non si prepareran­no i cervelli e i cuori alla campagna vaccinale, temo che andremo a sbattere».

E la responsabi­lità dei singoli?

«Quando vado in macchina allaccio la cintura di sicurezza ai miei nipotini. I vaccini hanno questo potere straordina­rio: “allacciano la cintura di sicurezza” a chi non lo può fare da solo, come i 1.500 bambini malati di cancro che vivono nel nostro Paese».

Roberto Battiston, Professore di Fisica sperimenta­le all’università di Trento, dalle colonne del Corriere ha lanciato una provocazio­ne: vaccinare prima i liceali per eliminare la sorgente dei contagi. Cosa ne pensa?

«C’è un elenco di priorità condiviso in tutto il mondo: chi sta in ospedale deve essere vaccinato per primo. Avere, per fare un esempio, un oncologo vaccinato eviterà, come è successo, che si perdano 1.400.000 esami di screening, che vuol dire, ad esempio, intercetta­re 2.000 cancri al seno».

Che cosa farà a Natale?

«Seguiremo le regole. Se non potremo trovarci tutti insieme, faremo quello che abbiamo fatto nei periodi di lockdown, in primavera e adesso: preparerem­o i pisarei a mano e li mangeremo “insieme” grazie a una piattaform­a online di condivisio­ne».

Sicurezza

I vaccini in dirittura d’arrivo saranno già stati sperimenta­ti su decine di migliaia di persone

Durata

Abbiamo bisogno di una protezione che duri almeno per una stagione invernale

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Un ricercator­e della Pfizer durante la fase di elaborazio­ne del vaccino in collaboraz­ione con BIontech. L’azienda ha annunciato un’efficacia del 95% Imagoecono­mica
Test Un ricercator­e della Pfizer durante la fase di elaborazio­ne del vaccino in collaboraz­ione con BIontech. L’azienda ha annunciato un’efficacia del 95% Imagoecono­mica

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