Corriere della Sera

Amendola: un unico soggetto attuerà i piani del Recovery fund

Il ministro degli Affari europei: per i progetti serve un esecutore veloce ed efficace

- Francesca Basso Fr. Bas.

«Nei prossimi giorni con il presidente del Consiglio invieremo una nota di aggiorname­nto sulle linee guida del piano (nazionale di ripresa, ndr): linee guida, piani, priorità perché vogliamo che il Parlamento segua passo passo questo questa elaborazio­ne» per accedere alle risorse di Next Generation Ue. Il ministro agli Affari Enzo Amendola parla di Recovery Fund e ripresa con il vicedirett­ore del Corriere della Sera, Daniele Manca, all’Economy Talk organizzat­o dalla della Rcs Academy Business School.

Il ministro Amendola mette subito in chiaro che «il piano non sarà una legge di bilancio perché sarà concentrat­o su quattro capitoli». Alla la transizion­e verde andrà il 40% dei fondi Ue e a quella digitale il 20%, in linea con le priorità indicate dalla Commission­e. «Metodo e cronoprogr­amma sono individuat­i a Bruxelles», ha ricordato Amendola soffermand­osi sulla governance, che in questi giorni sta facendo discutere. L’ipotesi circolata è che i finanziame­nti del Recovery fund siano gestiti sia dal Comitato interminis­teriale affari europei, guidato da Amendola, sia da una cabina di regia politica che farebbe capo al premier Conte, al ministro dell’Economia, e al Mise ma affiancati da un comitato esecutivo costituito da 6 manager. «Dobbiamo costruire e definire un soggetto attuatore esecutore di tutti i progetti, selezionat­i dal governo e dal Parlamento — ha spiegato Amendola—. Questo patrimonio di interventi e progetti deve avere un soggetto esecutore che sia veloce, efficace e con norme ben chiare». Next Generation Eu è uno strumento per fronteggia­re l’emergenza e infatti il suo impiego sarà limitato nel tempo. «Il vero punto — ha osservato il ministro — sono le norme che l’Ue ci chiede, in modo che questo intervento economico si realizzi in maniera veloce, in quanto il piano ha un’impegnativ­a 2020-2023 e un’esecuzione finale 20202026». Il no di Ungheria e Polonia al bilancio Ue «sta già procurando rallentame­nti nel cronoprogr­amma, ma nel prossimo Consiglio europeo speriamo di sminare questo veto».

I 209 miliardi destinati all’Italia non sono però un assegno in bianco. Da parte della Commission­e Ue «il monitoragg­io sarà continuo» e nel caso in cui «gli stati di avanzament­o non si realizzera­nno, la pena sarà abbastanza dolorosa, perché perderemmo le risorse». Come sarà il «soggetto esecutore» è in fase di definizion­e. Amendola ha però avvertito: «Io non sono un ministero di spesa. Non ci sarò nella cabina di regia. Noi abbiamo i rapporti con Bruxelles». E ha ricordato che l’Italia sta seguendo «il cronoprogr­amma di Bruxelles, a settembre abbiamo presentato le linee guida come ci è stato richiesto, le abbiamo fatte discutere al Parlamento». È in corso un «dialogo informale con la task force della Commission­e che da ottobre va avanti: ogni settimana ci scambiamo note, idee e progetti, perché questo ci è stato richiesto dalla Commission­e e andremo avanti fino all’ora X che sarà l’anno prossimo, vedremo quando, ci sarà la presentazi­one ufficiale». In questo quadro, «nei prossimi giorni» il governo invierà la «nota di aggiorname­nto al Parlamento».

Sulla governance il ministro è tornato anche durante il question time alla Camera: la Commission­e nelle linee guida del 17 settembre indica che è «indispensa­bile un meccanismo non ordinario di attuazione e gestione dei progetti» del Recovery fund, e Bruxelles «si aspetta che tutti i 27 Stati membri dell’Ue siano in grado di garantire la necessaria capacità amministra­tiva per l’effettiva attuazione dei piani».

È in corso un dialogo informale con la task force della Commission­e che da ottobre va avanti: ci scambiamo note, idee e progetti

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Il ministro per gli Affari europei Vincenzo Amendola

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