Le feste e il caos segnalati 13 volte Genovese verso un altro processo
Milano, è in cella per violenza sessuale. Chiuse le indagini per disturbo della quiete pubblica
La festa del 10 ottobre scorso, quella in cui Alberto Genovese è accusato di aver violentato ferocemente una modella di appena 18 anni, e per questo è stato arrestato, è stata l’ultima delle 13 volte per le quali i condomini esasperati del palazzo signorile a due passi dal Duomo di Milano sono stati costretti a chiamare le forze dell’ordine. Grida forsennate, rumori e musica altissima fino a tarda notte per anni sono stati una caratteristica estenuante di «Terrazza sentimento» che ora costa al mago delle startup, diventato ricchissimo vendendo le sue creature a peso d’oro, anche l’accusa di disturbo continuato della quiete pubblica e un più che probabile processo.
Per due anni e mezzo i condomini hanno dovuto sopportare. Decine di persone affollavano la terrazza con piscina a sfioro e vista mozzafiato sulla città ballando sulle note della musica selezionata da dj famosi e gustando le prelibatezze preparate da chef stellati, salvo poi abbandonare bicchieri, piatti e bottiglie vuote lungo le scale. Feste esclusive in cui girava droga messa a disposizione degli ospiti ed alle quali ragazze belle e molto giovani che ruotano intorno al mondo della moda facevano a gara per partecipare, nonostante si sussurrasse che Genovese facesse cose strane, ed alle quali non facevano mancare la loro presenza vip dello spettacolo. Per chi abita nel palazzo era un vero tormento, tanto che c’è chi è stato costretto a lasciare la propria casa.
Il lungo elenco di chiamate alle forze dell’ordine, di esposti e denunce comincia in occasione della festa del 27 maggio 2017 in cui «la musica si protraeva per ore ad alto volume accompagnata da frastuono e grida degli invitati oltre la soglia della normale tollerabilità», al punto «da provocare vibrazioni alle pareti degli appartamenti limitrofi» causando «grave pregiudizio» a «occupazioni e riposo» dei condomini, scrive il pm Maria Letizia Mocciaro nell’avviso di conclusione delle indagini, cominciate un anno prima dell’arresto di Genovese,
che prelude alla richiesta di rinvio a giudizio. Il 9 settembre del 2017 la Polizia è dovuta intervenire «alle 4,20 del mattino» chiamata da una condomina disperata. Lo stesso alle 3 del 16 novembre e alle 6,30 del 20 aprile del 2018, solo per fare qualche esempio. Le forze dell’ordine denunciavano, identificavano il proprietario, ma poi le feste si ripetevano con lo stesso andazzo. Anche perché una condanna per disturbo alla quiete pubblica si risolve pagando un’oblazione di qualche centinaio di euro, di certo una somma non impossibile per uno che ha fatto più di cento milioni di euro con una sola startup. Con i nervi a pezzi, prima dell’ennesima denuncia una coppia che abita nel palazzo ha incaricato un’agenzia investigativa di certificare ciò che accadeva durante le serate, e soprattutto le nottate, a partire dall’assurdità di dover rispondere, entrando nel proprio palazzo, ai controlli di un buttafuori. I detective hanno fatto decine di appostamenti, foto e filmati che dimostrano come la musica si sentisse fin giù in strada. Allegate anche le immagini postate a decine sui social dagli ospiti fino a quando Genovese ha vietato l’uso dei cellulari in casa. La quiete è tornata l’11 ottobre, quando la polizia, chiamata dalla vittima dello stupro dopo venti ore di violenze terribili, ha ammanettato il 43 enne imprenditore.