Agguati ai calciatori del Foggia L’ex capitano: «Lascio la città»
Incendiata la porta di casa di Gentile, era con la moglie e i figli. «Devo proteggerli»
«Credetemi, andrò via. Non ho altra scelta. Devo pensare prima di tutto alla mia famiglia». Federico Gentile, 35 anni, dal luglio 2019 milita nel campionato di serie C con la maglia del Foggia. Ma da ieri è soprattutto un padre e un marito scosso e preoccupato. Martedì qualcuno ha incendiato la porta della sua abitazione.
Come ogni sera, il difensore del Foggia si trovava sul divano in compagnia della moglie a vedere la tv quando ha notato delle strane luci provenire da dietro l’ingresso e ha sentito rumori simili a quelli del legno che brucia. «Ho chiamato il vicino — racconta — e abbiamo aperto la porta. Lo zerbino era in fiamme e, pure, parte della stessa porta. Abbiamo preso quello che avevamo in casa, tazze e secchi, e abbiamo spento l’incendio». Tutto è avvenuto mentre erano in casa anche i suoi due figli, di 3 e 7 anni, che dormivano nella loro stanzetta.
Ieri mattinata Gentile si è recato in questura per presentare denuncia. «Quando ti arrivano fino dentro casa — ha confessato — rimani turbato. Siamo molto allarmati. Soprattutto mia moglie. È lei la colonna portante della nostra famiglia. E ora non è certamente serena».
L’intimidazione è probabilmente legata ai burrascosi rapporti tra il calciatore e una parte di tifoseria con cui in passato Gentile ha avuto diverbi e scontri duri, anche per il suo ruolo di collaboratore della società. La medesima parte di tifoseria che, con modi intimidatori, punta a condizionare l’operato della dirigenza. «Sono stato — continua Gentile — uno tra i primi giocatori ad essere ingaggiato da questo club e, la scorsa stagione, ho lavorato come consulente. Con presidente e direttore sportivo avevo già intessuto un rapporto di fiducia quando ero a Como. Nel momento in cui mi hanno offerto di venire a Foggia, ho subito accettato con entusiasmo. Mi piaceva il progetto. Forse sono stato troppo superficiale a pensare che bastasse dare il massimo per guadagnare rispetto».
Gentile già nei mesi scorsi aveva subito minacce. «Prima dell’incontro inaugurale del campionato — racconta — alcuni tifosi mi hanno raccomandato di non portare la fascia da capitano. Così, pur di lasciare tranquilla la squadra, ho fatto un passo indietro. Anzi, ne ho fatti cento di passi indietro. Perché ho rinunciato sia alla fascia di capitano sia alla collaborazione con la società».
Sul campo dello stadio Zaccheria, Gentile, non è più disposto a mettere piede. «Ero venuto a Foggia con l’idea di fare qualcosa per la squadra. Nonostante i tanti attestati di stima che ho ricevuto, a cominciare dal sindaco Landella, devo pensare alla mia famiglia. È una sconfitta anche per la città che non merita di essere infangata da questi delinquenti».
In passato altri calciatori del Foggia sono stati vittima di pesanti intimidazioni. Il 10 marzo del 2019 una bomba carta devastò il suv dell’attaccante Iemmello. Poche ore dopo un altro petardo venne lanciato all’interno del pastificio Tamma, l’azienda dei fratelli Sannella, allora proprietari della squadra che militava in serie B.
Un terzo ordigno esplose nel giardino della villetta di un altro calciatore, Busellato. Intimidazioni dal chiaro sapore criminale, collegati forse ai pessimi risultati sul campo che costrinsero la società anche al cambio di allenatore (Grassadonia per Padalino). Ora, con Gentile, la storia si ripete.