Corriere della Sera

Strage del bus, Berti alla moglie «Ho salvato i vertici Aspi»

- DAL NOSTRO INVIATO Andrea Pasqualett­o

Quel giorno Paolo Berti aveva un diavolo per capello. Era l’11 gennaio dello scorso anno e il tribunale di Avellino l’aveva condannato a 5 anni e 6 mesi per la strage dell’autobus precipitat­o sull’A16 Napoli- Canosa (28 marzo 2013) che costò la vita a 40 persone, assolvendo i vertici di Autostrade per l’Italia (Aspi) compreso l’ad Giovanni Castellucc­i. Berti (oggi ai domiciliar­i per l’indagine sulle barriere antirumore difettose) si sfogò con dirigenti e familiari, senza sapere che ad ascoltare ogni sua parola c’erano anche gli uomini della Finanza di Genova che indagavano sul crollo del ponte Morandi, disastro per il quale è indagato come ex direttore generale di Aspi. E così su quella strage ha involontar­iamente raccontato agli inquirenti una nuova verità. «La linea, la linea, abbiamo dovuto difendere la linea aziendale — dice a Chiara, la moglie, in una telefonata intercetta­ta — Mollo (l’ex dg di Aspi) sapeva bene che quella barriera non funzionava e non l’ha sostituita». Berti aveva taciuto in quel processo e si pentiva

Nel 2013 precipitò sulla A16: nello schianto morirono quaranta persone

perché se avesse parlato, dice, sarebbero stati condannati i vertici romani (allora Berti era direttore «locale») e lui forse l’avrebbe scampata: «Sapevano tutto, Michele... — rivela a Michele Donferri, l’ex responsabi­le delle manutenzio­ni —. Castellucc­i mi ha fatto chiamare... ma gli metto le mani addosso... ha fatto il furbo... meritava che andassi a dire la verità e lo ammazzavo, credimi... per evitare che arrivasser­o a lui non ci siamo invece difesi noi... adesso deve lucidarmi le scarpe». Nel tentativo di calmarlo, il giorno della condanna Castellucc­i chiese a Donferri di andarlo a prendere con l’autista. Racconta Berti: «Arrivato lì gli ho detto “guardi, il risultato oggi è straordina­rio per l’azienda perché sei cogl... ci hanno messo la faccia (i sei condannati, ndr), entro una settimana mi fa sapere come mi garantisce la “business continuity” lavorativa». Donferri gli ricordava poi che l’assoluzion­e rendeva Castellucc­i ricattabil­e in appello e poteva sfruttare la cosa per carriera, stipendio e processo di Genova. E la verità su Avellino? «Processo da rifare», dicono in Procura.

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