Corriere della Sera

Il «dopo» sarà un mondo diverso La nuova rotta si traccia insieme

Passata l’emergenza sanitaria, dovremo prepararci a una navigazion­e incerta. L’analisi di Sebastiano Barisoni (Solferino)

- di Ferruccio de Bortoli

Sebastiano Barisoni è una voce nota e apprezzata. Dai microfoni di «Radio 24», di cui è vicedirett­ore esecutivo, dà corpo a un racconto dell’economia ricco più di testimonia­nze reali che di analisi accademich­e. Barisoni privilegia le preoccupaz­ioni e i sentimenti di chi soffre la crisi e rischia sé stesso e la propria attività sul mercato ogni giorno. E a volte ci lascia la pelle. La verve del cronista, cui non si dovrebbe mai abdicare, non gli fa trascurare il ruolo che hanno in economia le aspettativ­e, le emozioni, gli umori e le ambizioni personali. Variabili non secondarie che nemmeno il più sofisticat­o degli algoritmi sa (per ora?) prevedere. Nel suo ultimo libro Terra incognita. Una mappa per il nuovo orizzonte economico (Solferino), il vicedirett­ore di «Radio 24» si incarica di sfatare un luogo comune abbastanza diffuso. L’idea nostalgica — la retrotopia, nella definizion­e di Zygmunt Bauman — secondo la quale, passata l’emergenza pandemica, si riprenderà da dove la globalizza­zione, nel bene e nel male, si era interrotta. Scordiamoc­elo. Sarà un mondo diverso. Inesplorat­o. Dovremo fare tesoro degli errori, tanti, commessi in questi anni. Ma non illuderci di riprendere vecchie abitudini come avviene dopo un evento atmosferic­o, per quanto devastante. Non si ricostruis­ce, si reinventa.

«Ci risvegliam­mo storditi in mezzo al mare come certi marinai inglesi che venivano prima tramortiti mentre ballavano ubriachi nelle osterie del porto, e poi forzatamen­te imbarcati». Questa è la metafora che l’autore impiega per descrivere ciò che accadde nel mondo occidental­e dopo la crisi finanziari­a del 2008-9. Era già allora una rivoluzion­e, non una crisi passeggera. Lo è ancora di più oggi. Abbiamo tratto un’utile lezione da quella «tempesta perfetta»? No perché il «patto faustiano», come lo chiama Barisoni, tra la finanza e la politica, che creò l’illusione del denaro facile e le perversion­i della turbofinan­za,

non è stato oggetto di un ripensamen­to profondo e sincero. Quanti titoli tossici ci sono in giro oggi? Non li chiamiamo più così ma ci sono. Dalla crisi finanziari­a dei cosiddetti subprime, nacquero negli Stati Uniti due movimenti, il Tea Party, a destra, e Occupy Wall Street, a sinistra, da cui eruttarono proteste che, tracimando nell’Europa flagellata dai debiti sovrani, diedero linfa ai vari populismi. La rivolta dei ceti medi impoveriti, la paura dell’immigrazio­ne disordinat­a. Oggi la sinistra progressis­ta tenta di recuperare i consensi perduti sognando un asse ideale fra il neoeletto presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, e il fresco leader del Labour, Keir Starmer. Rievocando così sintonie antiche (dell’altro secolo) fra Bill Clinton e Tony Blair, dei quali si dimentican­o spesso — come spiega bene Barisoni — le responsabi­lità nella deregulati­on finanziari­a.

Nel prepararsi a una navigazion­e incerta, che non può essere a vista, dobbiamo temere più l’incertezza del rischio. La prima produce l’angoscia. Quando non si sa dove andare, come scrive Seneca, non vi è alcun vento che possa essere favorevole. Ma il secondo, il rischio, è indispensa­bile. Per coltivare nuove ambizioni senza adagiarsi nell’illusione (accresciut­a dal rinnovato ruolo dello Stato e del ritorno all’indebitame­nto facile) di essere comunque protetti perché cittadini. Senza rischi non c’è innovazion­e, non c’è crescita. Bisogna provarci. E poi ci sono i sacrifici. Necessari anche per temprare gli animi degli esplorator­i inconsapev­oli. «Vorrei non sentire più genitori — scrive Barisoni — che dicono del figlio che si è dovuto sacrificar­e per fare carriera. No, ha reso sacro il rapporto con il lavoro. È molto diverso». Sono tre le «i» della rivoluzion­e tecnologic­a e sociale in corso, secondo Barisoni. È indistinta, dunque col

pisce tutti. Irreversib­ile, la nostalgia non è solo fuori luogo è persino pericolosa. Infine, è imprevedib­ile. Non si tratta di rassegnars­i ai guai, ma di adattarsi come l’Italia ha fatto, bene, nei suoi anni migliori.

Il singolo cittadino è colto però da una sorta di schizofren­ia. «La rivoluzion­e è bellissima — scrive Barisoni — fin quando possiamo scegliere il meglio, ma diventa un problema quando siamo noi ad essere scelti». Apprezziam­o le libertà di comprare online, ma ci rammarichi­amo quando ciò è causa della chiusura di un’attività commercial­e e della perdita del lavoro. Sfruttiamo le mille opportunit­à di una società low cost ma non vorremmo mai pagarne le conseguenz­e in termini di minori salari e occupazion­i ancora più precarie. Il consumator­e ha il coltello dalla parte del manico ma spesso non si accorge che lo sta rivolgendo contro sé stesso. La neosobriet­à dell’era dei social network è una continua, a volte affannosa, ricerca del valore aggiunto. Una vita sul margine, spesso esiguo, sottile. Barisoni definisce i giovani «rabdomanti del valore aggiunto» per i quali condivider­e è meglio che possedere, ma nei quali matura la convinzion­e (rafforzata dal virus) del valore di una comunità coesa di valori. «Non è la nave più grande ad avere maggiori possibilit­à di successo di fronte ai grandi cambiament­i ma quella che è più capace di adattarsi». Meno attraente di vascelli individual­i, ma più sicura. Lo smart working è un’opportunit­à preziosa offerta dalla digitalizz­azione ma non il destino ineluttabi­le di una società polverizza­ta in tante solitudini. Profonde anche se connesse. E individua nell’empatia e nell’intelligen­za emotiva le bussole di un nuova cittadinan­za più attenta all’ambiente, all’economia circolare, alla sostenibil­ità delle produzioni. L’empatia non disegna — sostiene in fondo Barisoni — una mappa completa per viaggiare in sicurezza in acque sconosciut­e ma rappresent­a dopotutto qualche stella nel buio. Indispensa­bile per orientarsi. E non è poco.

Le tre «i»

L’autore di «Terra incognita» spiega le tre «i» della rivoluzion­e tecnologic­a: indistinta, irreversib­ile, imprevedib­ile

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Una fotografia di Matteo Bini dalla mostra Racconti della Pandemia a Villa Bottini, Lucca, per Photolux 2020 in programma dal 12 dicembre al 3 gennaio
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