Garanca: «Sognavo il cinema ma rifiutai il ruolo della diva»
La star della lirica protagonista di due inaugurazioni, a Napoli e a Milano
In due ruoli, è popolana a Napoli e principessa a Milano. Elina Garanca è la protagonista dell’apertura della stagione lirica in Italia, dal San Carlo (con Jonas Kaufmann), domani per Cavalleria Rusticana di Mascagni, al «racconto» ideato da Davide Livermore, il 7 dicembre alla Scala. Ma per il grande mezzosoprano lettone sono debutti del tutto inusuali, spettacoli «sperimentali» dettati dalla pandemia.
Come li sta vivendo?
«Alla Scala è un racconto che attraversa diversi temi delle opere nella sfera amorosa e politica. A Milano canto dal Don Carlo l’aria di Eboli, O don fatale, ed è curioso che in entrambe le situazioni, Eboli e Santuzza della Cavalleria Rusticana, si pronunci la parola maledizione, che è un po’ il segno dei tempi che viviamo. Questi spettacoli sono per noi musicisti un modo di sopravvivere e di non morire, di continuare a lavorare e di raggiungere il pubblico, di mantenere un rapporto».
A Napoli lo spettacolo andrà direttamente sulla pagina Facebook del teatro.
«Sì, è vero, un progetto innovativo del sovrintendente Stéphane Lissner disponibile per quattro giorni su Facebook e in futuro sulla piattaforma digitale di Deutsche Grammophon. Il mio rapporto con i social media? Freddo, funzionale, se ne occupa la mia segretaria. Detesto i selfie, non penso sia interessante che pubblichi una foto mentre sono in cucina».
Lo streaming e la tv sono il futuro dell’opera?
«Nessuna tecnologia sostituirà l’esperienza dal vivo. L’aspetto positivo è che durante i mesi del lockdown ho tenuto concerti in streaming, e Paesi estranei alla lirica vi si sono potuti avvicinare».
Il suo lockdown?
«Dopo il primo shock ho attraversato varie fasi. Viaggiavo tanto, c’era il piacere di poter finalmente godermi le mie due figlie, poi sono subentrate la disperazione, la noia, la tristezza dei progetti musicali cancellati… Ho cercato di essere positiva. Ho realizzato per DG un cd di lieder di Schumann e Brahms, ho letto libri. La situazione era quella e non potevo farci niente. Non sono il tipo di donna che si lamenta».
Una virologa di fama ha proposto di usare in Italia i teatri chiusi come ambulatori per i vaccini.
«Questo dipende dalla sottovalutazione dell’arte, che nutre anche chi soffre, educa alla bellezza ed è per tanti Paesi un traino per l’economia, con la forza attrattiva del turismo. Ma i politici non lo capiscono, ci sono tanti stupidi che hanno enormi responsabilità, penso anche ai religiosi che vogliono imporre ciò in cui dobbiamo credere».
C’è un personaggio della lirica che rispecchia la sua personalità?
«Forse proprio Santuzza di Mascagni, la sua fierezza, la sua dignità in una società di comportamenti maschili violenti come la Sicilia dell’800».
In Italia siamo ancora lì.
«I femminicidi sono un dramma anche in Russia come nella mia Lettonia, abbiamo la piaga degli uomini che precipitano nella violenza spinti dall’alcol. Io sono bionda... Ma una donna di successo si rispetta di più, ho sempre cercato di non mettermi in situazioni di pericolo».
Mascagni ricorda il neorealismo di Rossellini. Lei sognava di debuttare come attrice al cinema.
«Da ragazza mi dicevano che ero troppo alta e senza appeal, poi non volli interpretare il ruolo di una diva. Vorrei portare sullo schermo un musical. Per un periodo mi paragonavano a Grace Kelly, ora ho come modelli Lauren Bacall e Sophia Loren, donne iconiche, belle, femminili, eleganti, sensuali, nei loro sguardi capisci che hanno attraversato tante esperienze nelle loro vite».
La sua voce, scurendosi, è passata da Cenerentola a Santuzza, un bel salto.
«E in aprile a Vienna canterò il mio primo Wagner, Kundry del Parsifal... La voce è come il corpo, che è mutato dopo le gravidanze. Assorbe le stagioni della vita. La voce è una radiografia».
Modelli
«Mi paragonavano a Grace Kelly, ora ho come modelli Lauren Bacall e Sophia Loren»