Corriere della Sera

Il giocatore che diventa schema non c’è mai stato uno come lui

Non è elementare come i centravant­i grossi, c’è un mondo dietro il suo talento

- di Mario Sconcerti

Lukaku è il vecchio sogno di tutti noi comuni, il gigante che fa quel che vuole e può permetters­i tutto. Abbiamo subìto così tanto l’idea che ci siamo dovuti inventare un antidoto biblico. Il gigante in fondo è bloccato dai suoi stessi muscoli, agisce forte ma pensa piano. Così arrivò il piccolo Davide e con una fionda abbattè Golia, ribaltò il concetto.

Lukaku però sta portando una superiorit­à di forza e di potenza che sa quasi di differenza di fibre muscolari, che riporta alla domanda di tutto l’atletismo su cosa abbiano di diverso i neri. Il calcio dell’Africa entra nella storia del calcio nel 1982, quando il Camerun, pur eliminato ai gironi, è la prima squadra africana a uscire imbattuta da un Mondiale, tre pareggi, uno con l’Italia di Bearzot.

Da allora si è cominciato ad aspettare un’invasione che non è mai arrivata per una ragione che non avevamo capito: il calcio dei neri era già stato conquistat­o dai campionati europei. Una specie di colonialis­mo continuava ad esistere anche nello sport, gli emigranti africani avevano portato i loro figli in Europa, si erano stabilizza­ti, creato nuove famiglie. La Francia campione del mondo è quella di Pogba, Mbappè, Bakayoko. Molti sono arrivati anche da noi, da Balotelli a Kean, a Emerson Palmieri.

Lukaku è un congolese nato in Belgio perché per decenni il Congo è stato una colonia belga. L’evoluzione del tempo e il mescolarsi delle conoscenze sta producendo adesso fenomeni inaspettat­i. Uno con le caratteris­tiche totali di Lukaku non c’è mai stato. Ricorda in qualcosa Weah e in altre Drogba, ma non è solo velocità e potenza, Lukaku è anche intelligen­za tattica, senso del calcio e dell’insieme, c’è un mondo nuovo dietro il suo talento.

Lukaku è mezza squadra perché da solo rappresent­a molti schemi di gioco. Catalizza i movimenti della squadra, ma non li obbliga. Sa variare giocata, non è elementare come spesso i centravant­i grandi e grossi. Lukaku non è altissimo, è un metro e novantuno. Molto spesso i difensori centrali sono più alti, ma non sembra. La sua differenza è altra. Lukaku è forte, ha una massa che si muove a una velocità impression­ante senza scomporsi. E più corre più acquista energia. Non è fermabile. Questo tipo di giocatore così matematico e naturale non era ancora esistito, una completezz­a fisica che non ha nemmeno Ronaldo e certamente non ha Messi. Uno ha più bisogno di agilità e precisione, gioca per se stesso. L’altro è onnipotent­e col pallone tra i piedi, ma deve anticipare per evitare il contrasto perché leggerissi­mo. Lukaku si allarga sul campo. È straripant­e. Apre le braccia, copre il pallone e non lo sposti.

L’attaccante di forza non va giudicato dai gol che segna, ma da come li segna. Quelli centrali, sottoporta, sono di presenza, tutto sommato facili. Anticipi ed è gol. Il gol difficile è quello laterale, di taglio. È complesso tirare angolato perché oltre alla potenza serve precisione. E la potenza è l’inverso della precisione. Dal centro puoi tirare dovunque e fai gol. Di lato hai una sola traiettori­a. Lukaku segna un gol su due di taglio, in questo come Ronaldo, a cui aggiunge la grande presenza in area. Non dico per forza che è il migliore. Dico che è un tipo di attaccante diverso, con una freschezza di mente, di gioco, assolutame­nte nuovi mescolati a un fisico eterno. Lukaku deve molto a Conte che gli ha tolto quei quattro-cinque chili che gli impedivano la sua ultima agilità. Oggi non è l’attaccante più forte del mondo, ce ne sono altri, ma è l’uomo squadra forse più importante. Non devi scegliere di giocare per lui, è lui che gioca come serve a te.

C’è un’ultima precisione nel suo destino. Lukaku è di Anversa, il vecchio villaggio del gigante Druon Antigon che nel primo secolo tagliava le mani ai traghettat­ori del fiume Schelda che non pagavano il balzello. Così proteggeva il villaggio e ne era la prima industria. Anversa è cioè la città del gigante, che fu poi costretto a diventare buono perché arrivarono i romani a punirlo. Un certo Silvio Brabone tagliò a Druon la mano e la gettò nel fiume. Anversa vuol dire questo in fiammingo, «lancia la mano», hand werpen. È un mito, ma gli hanno fatto il monumento principale nella piazza del centro. Un gigante. Poteva Lukaku nascere altrove?

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Romelu Lukaku, 27 anni, belga, all’Inter dalla scorsa stagione
(Epa) Forza della natura Romelu Lukaku, 27 anni, belga, all’Inter dalla scorsa stagione

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