Corriere della Sera

L’ultima stanza di Maradona Dormiva nella sala del biliardo

La casa della convalesce­nza, poco più di un tugurio. Claudia: «Vergogna»

- di Francesco Battistini DAL NOSTRO INVIATO

Nemmeno Pantani. Neppure la morte solitaria del Pirata, in quella stanzetta spoglia d’un residence vuoto che tanto inorridì Maradona e tutti noi, era uno squallore simile. «Cabezòn, testina, se fossi entrato dove viveva Diego, saresti morto anche tu!», confida al telefono l’ex moglie Claudia Villafane a un amico, Oscar Ruggeri, vecchio eroe Mundial. Escono le foto e guardatela, cabezones che l’avete prima abbandonat­o e poi osannato, l’ultima casa del D10s nel ricco quartiere tutto bosso, dobermann e domestici di San Andres.

La sua prima tomba è presto descritta: un materasso matrimonia­le nero, senza lenzuola, con un televisore mezzo incellofan­ato e rovesciato sopra; l’affaccio su un canale e le finestre prive di tapparelle; un angolo cottura e box di panini sbocconcel­lati; scaffali vuoti e sul pavimento sporte di carta piene di panni, vicine a sacchi di plastica con effetti personali… Niente che somigli a un’assistenza ospedalier­a domiciliar­e. Nessun defibrilla­tore, né bombole a ossigeno. Nulla che servisse ad assistere un paziente grave e incapace di badare a se stesso. Maradona in vita aveva posseduto decine di case lussuose, ma nell’ora della morte non stava neanche in una vera camera: lo facevano dormire, quando i dolori e la depression­e gli permetteva­no di riposare, nella stanza destinata al biliardo. Al piano terra. Sistemato alla bell’e meglio, di fianco a un cesso chimico e al cucinotto.

Il più grande giocatore del mondo buttato in una sala giochi. «È perché non poteva salire le scale…», si giustifica adesso il suo amico-avvocato Matias Morla, quello che gestisce gran parte delle proprietà immobiliar­i all’estero e che una settimana fa accusava i soccorrito­ri d’inesistent­i ritardi (l’ambulanza arrivò in 11 minuti). Il contratto d’affitto l’avevano firmato lui e una delle figlie di Diego, Jana, scadenza 31 gennaio 2021. Doveva essere un’abitazione provvisori­a, di convalesce­nza, e forse per questo s’era risparmiat­o sui soldi. Nelle parole di Claudia, «una vergogna». A sentire la descrizion­e di Morla, un lusso: «Non è poi così piccola. Ha la vista lago, una poltrona massaggian­te, tv 32 pollici, aria condiziona­ta. E al piano sopra ci sono quattro camere, una col bagno privato. Il letto stava nella sala giochi al piano sotto, perché Diego non ce la faceva ad andare di sopra. Aveva le ginocchia malridotte. E dopo l’intervento si sentiva fragile». Si prevede che Morla sia il prossimo indagato, assieme ai due medici Leopoldo Luque e Agustina Cosachov. «Quando siamo entrati in quel posto — rivela una fonte di polizia —, tutto era molto precario e sconcertan­te. Le prove, le testimonia­nze, i rilievi indicano che le condizioni di salute di Maradona sono state gestite in maniera disastrosa. Un caos».

Urgono risposte. Confrontat­e a quelle dello staff medico, le miserie dei familiari non sono da meno. E nella guerra per l’eredità, già dichiarata, s’incrociano le accuse tra ex compagne, figli, nipoti: una delle sorelle di Diego è finita in tv a rispondere del sospetto d’avere passato la vita a spennare il fratello ricco. Ma una domanda resta: con tanti disinteres­sati affetti intorno, che ci faceva Maradona da solo in quello squallore? «Può sembrare forte dire che l’hanno lasciato morire, ma è così», dice tramite il suo avvocato l’infermiera Gisela Madrid, sulla quale i medici han provato a scaricare tutte le colpe. La donna era l’ultima arrivata (dieci giorni) e non si tiene col clan Maradona, accusa Luque e la Cosachov, si pente d’aver dato retta a chi le ha consigliat­o di falsificar­e il primo rapporto sui soccorsi. I magistrati della procura di San Isidro stanno controllan­do i due cellulari, il tablet, il notebook e i dodici ricettari sequestrat­i nello studio della Cosachov: si parla d’un cocktail di psicofarma­ci prescritto senza tener conto del cuore gonfio e malato di Diego, un mix che potrebbe averlo stroncato. I difensori hanno chiesto ai pm di risparmiar­e ai due medici il carcere: c’è già stato un tentativo di depistaggi­o, però, e il pericolo d’inquinamen­to delle prove rimane alto. Anche perché l’esame delle urine e dei tamponi, prelevati nell’autopsia, richiedono un tempo supplement­are. Se si scopre che Maradona ancora beveva, o peggio, dovranno rispondern­e un po’ tutti

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Un uomo davanti a un murales di Maradona a Buenos Aires
(Ap) Preghiera Un uomo davanti a un murales di Maradona a Buenos Aires

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