Corriere della Sera

Il grande salto di Schumacher jr Ha fatto felice mamma e papà

Mick in Haas, celebra il padre con un numero: «Devo tutto ai miei e alla Ferrari»

- Daniele Sparisci

«Devo tutto ai miei. È grazie a loro che sapevo di poter realizzare questo sogno, ho iniziato a coltivarlo a tre anni». Mick Schumacher in F1, ha scalato la montagna sostenendo il peso del cognome più ingombrant­e: l’anno prossimo correrà per la Haas, con il 47. Quattro come il numero del primo titolo importante (l’Europeo di F3), sette come i Mondiali di Michael.

La sua carriera è iniziata in carrozzina nei box della Ferrari, poi insieme sui kart e avrebbero continuato se il maledetto incidente sugli sci, il 29 dicembre del 2013, non avesse spezzato il filo. Da allora mamma Corinna è l’unico faro di una famiglia sconvolta da un dolore silenzioso. Si occupa delle cure del marito, dei cavalli della primogenit­a, Gina Maria, campioness­a di «reining» (la cavalcata western), della fondazione benefica «Keep Fighting», degli affari, del museo di Colonia, di scegliere il casco da regalare a Lewis Hamilton (sarà sostituito da George Russell nel Gp bis del Bahrein) per aver eguagliato il record di 91 vittorie. E naturalmen­te del suo «bambino», lo ha protetto dai riflettori, lo ha mandato a «studiare» alla Ferrari Academy, lo ha sostenuto con la presenza, nelle occasioni speciali: come quando l’anno scorso il ragazzo guidò per la prima volta la Rossa in un test. Lei al muretto, in lacrime. «Cosa mi ha detto stavolta? Niente di speciale, un’espression­e del tipo: “Tanto sapevo che ce l’avresti fatta”».

Il ragazzo vive ancora nella casa di famiglia in Svizzera, sul lago di Ginevra, sta cercando un appartamen­to in Inghilterr­a vicino alla sede della scuderia, a Banbury, per imparare in fretta. È cresciuto circondato da un cordone di gente che l’ha visto in culla: Sabine Kehm come manager, l’avvocato Thilo Damm, custode della privacy, il preparator­e atletico e fisioterap­ista Kai Schnapka, che seguiva Michael ai tempi del suo ritorno in F1 con la Mercedes.

E guardandos­i intorno vede solo facce note, ai piani altissimi: il presidente della Fia Jean Todt, Ross Brawn, direttore generale della F1, Stefano Domenicali, prossimo amministra­tore delegato: «Ho conosciuto i grandi sacrifici che hanno fatto per vincere i campionati con papà e poi dopo nei loro incarichi. Se un giorno avrò dei dubbi saprò a chi chiedere». Ma alla fine dopo il grande salto — in attesa del Mondiale di F2, ha 14 punti di vantaggio con due gare da disputare — dipenderà solo dal cronometro dove andrà: non è un fuoriclass­e, è serio, meticoloso, regolare, studia molto, ed è lucido nelle strategie. Resta legato alla Ferrari — «Hanno creduto in me e mi hanno permesso di esprimermi al meglio» — con la quale ha un contratto (come Antonio Giovinazzi all’Alfa), a Maranello hanno scelto di farlo crescere nel team americano con il quale i rapporti sono più stretti, l’ambiente giusto. La sua filosofia è quella dei piccoli passi, sulla Rossa non ci sono sedili liberi a breve termine (Leclerc blindato fino al 2024, Sainz al 2022) ma se ci sarà la possibilit­à lui vuole giocarsela. «Il viaggio è appena cominciato, non corriamo troppo». È meglio schivare paragoni che rischiereb­bero di portarlo fuori pista.

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Mick Schumacher, 21 anni, e il padre Michael, 51
(Afp, Ansa) Eredità Mick Schumacher, 21 anni, e il padre Michael, 51
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