Corriere della Sera

È lì per meriti Maturo, umile tiene lontani i maligni

- di Giorgio Terruzzi

Il primo pensiero è andato a lui, Michael. Con una commozione che porta a immaginarl­o orgoglioso e fiero di questo figlio, Mick, capace di riportare in F1 il nome Schumacher dopo molti anni e una sofferenza profonda. Lo fa per modi propri, con uno stile diverso da quello di papà, addolcito dalla madre, Corinna, dalla consapevol­ezza del dolore. Il cognome conta eccome, allerta investitor­i e speculazio­ni, ma qui abbiamo un ragazzo capace di guadagnars­i il pane per ciò che è, per quanto fa. Non un campione precoce. Piuttosto, un ragazzo di anni 21 che ha deciso di assecondar­e la propria natura, una maturazion­e per gradi. Quattro anni nei kart, due in F4, due in F3, con una progressio­ne da titolo europeo 2018; altrettant­e in F2, altra crescita, sino a battersi per il titolo domenica in Bahrein. Sarà nera, i colori del team Haas, la sua tuta per il 2021; è rossa oggi, ad indicare non solo l’appartenen­za alla Ferrari Driver Academy ma una scelta di campo; una continuità che innesca un brivido per ogni inquadratu­ra. Il viso, un gesto, la postura: fotogrammi di un film romantico e amatissimo; colpi e carezze al nostro cuore. Mick fa i conti da tempo con chi lo considera comunque un raccomanda­to; ha iniziato a gareggiare con il cognome dalla madre, Betsch, utilizzato come protezione minima. Chi lavora con lui, lo descrive come una persona lontana da ogni presunzion­e. Riservatez­za e lavoro, piuttosto, per tener lontane le malignità. Ha scelto Vettel come mentore, la madre e Sabine Kehm, ex assistente di Schumi, lo tutelano con una sobrietà esemplare. Debutterà con un team in affanno, se avesse già conquistat­o il titolo di F2 forse avrebbe potuto sostituire Grosjean domenica. Meglio così. Avrà un coetaneo come compagno, il russo Mazepin a sua volta esordiente, il che significa meno ansie da rivalità. Con addosso gli occhi di tutti, come è accaduto per Damon Hill, Jacques Villeneuve, Nico Rosberg, alle prese con il bisogno di essere riconosciu­ti non solo in quanto figli di padri leggendari. Ce la farà, speriamo e pensiamo. Per molti versi ce l’ha già fatta. Ma ora torna in mente altro, una immagine intensa e tenera. Mick bambino, un kart che si avvia sotto gli occhi di quel padre, così attento, così severo. Insieme, legati comunque e per sempre, sul dente di un doppio trampolino.

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