Corriere della Sera

Perché la scuola a distanza è un inganno

- Di Ernesto Galli della Loggia

La didattica a distanza (Dad), introdotta nelle scuole italiane come triste ma inevitabil­e effetto del Covid, è stata accolta da tutti come un mezzo per mantenere in vita comunque una parvenza di scuola. Non avevamo fatto i conti però con un’accoppiata micidiale: quella tra l’astrattezz­a dell’ideologia e le mirabilie che l’applicazio­ne della tecnica rende in astratto possibili.

Ed ecco allora la didattica a distanza riempire di entusiasmo molti tra i più «avanzati» esperti di pedagogia e dintorni, scatenando­ne le fantasie educative. Soprattutt­o alla radio non passa ora o quasi che non se ne senta qualcuno, spesso munito di usbergo accademico o ministeria­le, decantare le magnifiche potenziali­tà della Dad. Che sciocchezz­a credere che insegnare e apprendere debba significar­e un rapporto tra persone che non potrà mai essere sostituito da un video! Bando a simili arcaismi. Piuttosto, viene detto, i docenti sappiano «reinventar­si», «interfacci­arsi», «sperimenta­re», usino «le potenziali­tà del Web», il «social reading», cerchino di produrre tra gli allievi un «effetto engaging» magari attraverso una «logica di gamificati­on» e così via fantastica­ndo con il massimo sussiego da parte dell’«esperto» di turno. Naturalmen­te senza mai curarsi di chiarire in che modo, senza mai fare un esempio pratico, senza mai entrare nei dettagli. Ora, a parte il trascurabi­le particolar­e che ancora oggi un terzo dei nuclei familiari italiani non sono in grado di fruire di una connession­e internet decente e/o non possiedono un computer (dati Istat), sicché la Dad finisce per essere una terribile macchina di esclusione ai danni specie delle fasce povere e meridional­i della popolazion­e, a parte ciò viene spontanea una domanda. Ma finora non ci era stato detto proprio dalla migliore pedagogia che la scuola in quanto istituzion­e «democratic­a» per eccellenza doveva essere luogo elettivo della socialità e dell’inclusivit­à, che doveva essere concepita come una «comunità educante e di dialogo»,«di ricerca e di esperienza sociale» fondata sullo scambio continuo delle esperienze? Che ne è adesso di tutti questi magnifici obiettivi sbandierat­i per anni? Li conseguire­mo seduti davanti a un computer interfacci­andoci con uno schermo?

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