Corriere della Sera

«Scala, una Prima mai vista: la lirica diventa un film»

Il regista: «Apertura con le scene di una Milano surreale Tra le voci dell’opera omaggi a Fellini, Risi e Chaplin»

- di Giuseppina Manin

L a Scala lunedì non avrà il suo tradiziona­le pubblico, ma lo spettacolo lirico diventerà un film di tre ore per la tv e «sarà una Prima mai vista». Il regista Davide Livermore: «Un omaggio a Fellini, Risi e Chaplin».

L’intervista Livermore e il 7 dicembre: tre ore di spettacolo in tv

La prima a apparire in scena sarà Milano. «Una Milano vista dall’alto: deserta, silenziosa, bellissima. Una città sorprenden­te e surreale. Il nostro spettacolo comincerà da lì» racconta Davide Livermore, regista di casa al Piermarini, suoi gli allestimen­ti di Attila e Tosca degli ultimi 7 dicembre.

Non c’è due senza tre, l’avrebbe mai immaginato?

«Aprire la Scala con A riveder le stelle è la sfida più sorprenden­te della mia vita. Il mondo dell’opera raccontato per esser visto in tv. Un format inedito realizzato con il mio consueto gruppo di lavoro, lo studio Giò Forma e D-wok, le cui magie digitali e di realtà aumentata, intreccera­nno il flusso musicale con quello narrativo. Lirica e poesia, prosa e cinema per un omaggio al mondo dello spettacolo che tanto ha sofferto in questi mesi di chiusura forzata».

Un racconto di tre ore, dalle 17 su Rai e Radio 3, 24 star della lirica, l’Orchestra e il Coro diretti da Riccardo Chailly. Ma in sala nessun spettatore.

«In realtà ci sarà la platea più vasta di sempre. Oltre alla Rai, Arte trasmetter­à per l’Europa e Medici Tv in streaming per l’intero pianeta. Una Scala più che mai spalancata sul mondo. Un segno forte di resistenza. Non a caso la prima e unica a entrare in teatro sarà Euterpe, la musa della musica, che in volo tornerà nella sua casa portando come messaggio i primi versi dell’Orfeo di Monteverdi: Io la Musica son, ch’ai dolci accenti/ So far tranquillo ogni turbato core».

Come sarà la Scala che l’accoglierà?

«Vuota e buia. Unica presenza, un’inservient­e, che mentre fa le pulizie si commuove ricordando gli splendori dei passati 7 dicembre. E intanto canticchia l’Inno di Mameli. Ma ecco che su quelle note emblematic­he di valori civili condivisi, la sala inizierà a illuminars­i svelando la platea occupata dall’Orchestra, i palchi da cui si affacceran­no gli artisti del Coro e le maestranze: tecnici, macchinist­i, sarte, attrezzist­i… Tutti schierati in difesa della loro arte, del loro teatro».

Dopo l’Inno a chi la parola?

«A un attore, Massimo Popolizio, che attraverso le parole di Ingmar Bergman spiega qual è il senso profondo del teatro, mentre una frase di Ezio Bosso ricorda che l’orchestra è il luogo della democrazia dove ciascuno deve suonare al meglio perché tutti suonino meglio. E la partitura diventa metafora della Costituzio­ne».

Dopo le parole, finalmente la musica...

«Impossibil­e non cominciare con Verdi, il preludio del Rigoletto. Un’opera segnata dalla censura, il testo di Victor Hugo che ispira il libretto messo al bando per lesa maestà. L’opera lirica è portatrice sana dei temi più caldi della società: il potere, la vendetta, la condizione della donna, la speranza di rinascita».

Quali testi introdurra­nno questi argomenti?

«Si parte da Racine e Victor Hugo, si arriva a Montale e Pa- vese. C’è una lettera di Verdi a Boito dove chiama Shakespear­e papà, c’è una canzone di Sting, “Fragile”, a rammentare la nostra attuale fragilità. E poi testi originali, scritti da me con il mio team, Paolo Gep Cucco, Andrea Porcheddu, Alfonso Antoniozzi, Gianluca Falaschi e Chiara Osella».

E gli attori?

«Oltre a Popolizio, Laura

Marinoni, Caterina Murino, Maria Grazia Solano. E dei giovani talenti».

Altri colpi di teatro?

«Direi di cinema. Un omaggio a Fellini sfruttando il set di Cinecittà che avevo creato per il Don Pasquale nel 2018. Che vede anche un omaggio al Sorpasso di Risi con il famoso spider in volo su Roma. Mentre i versi dell’Andrea Chénier, “Un dì all’azzurro spazio”, cantati da Jonas Kaufmann, evocherann­o il finale del Grande dittatore, dove Chaplin sogna un mondo di visionaria attualità».

E dopo un secolo di grande musica, da Verdi a Wagner, da Donizetti a Puccini e Bizet, chi chiude la serata?

«Rossini. Il finale del Guglielmo Tell sulle immagini del concerto di Toscanini dell’11 maggio ‘46, segno della ripresa della Milano postbellic­a. La nostra è una situazione diversa, ma oggi come ieri la cultura resta il cardine di una rinascita di cui la Scala è stata e ancora è l’emblema».

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A riveder le stelle
Il maestro Riccardo Chailly sul palco del Teatro alla Scala dirige l’orchestra durante le prove di A riveder le stelle
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Il maestro Riccardo Chailly (67 anni) sul palco del Teatro alla Scala dirige l'orchestra durante le prove di «A riveder le stelle», il grande evento speciale con star internazio­nali in sostituzio­ne della tradiziona­le «Prima» scaligera, annullata per Covid
Sul podio Il maestro Riccardo Chailly (67 anni) sul palco del Teatro alla Scala dirige l'orchestra durante le prove di «A riveder le stelle», il grande evento speciale con star internazio­nali in sostituzio­ne della tradiziona­le «Prima» scaligera, annullata per Covid

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