«La Lombardia? Presto zona gialla Ma i cittadini restino prudenti»
Il virologo Pregliasco: «Una terza ondata è possibile Le esigenze dei singoli? Sono sacrificabili»
Una maratona ancora lunga, una prova di resistenza che terrà il Paese in allerta fino a quando la campagna di vaccinazione diventerà di massa. Così il professor Fabrizio Pregliasco — virologo all’Università degli Studi di Milano e direttore sanitario dell’ospedale «Galeazzi» — descrive i mesi che ci attendono nella battaglia contro il Covid.
Qual è la situazione in Lombardia dal punto di vista epidemiologico?
«Tutti gli indici a disposizione sono abbastanza soddisfacenti, a cominciare dall’Rt intorno allo 0,90/93; la zona gialla verso cui stiamo andando è una prospettiva ragionevole. Il problema è che queste “libertà” non devono essere vissute in modo spericolato. Ricordo che il virus ha la stessa forza della prima ondata, malgrado alcune mutazioni».
È d’accordo con il governatore lombardo Attilio Fontana? Consentirebbe spostamenti fra comuni per le feste?
«Sono favorevole alla proposta, è però cruciale l’interpretazione che ne danno i cittadini. Una piccola apertura non può essere considerata una porta spalancata, altrimenti la curva dei contagi inevitabilmente risale. È anche vero che alcune misure contenute nei Dpcm possono essere considerate ampollose o eccessive; d’altra parte ora che conosciamo molto meglio il virus sappiamo che sono necessarie. Le esigenze dei singoli sono sacrificabili».
Come valuta le regioni che protestano per misure ritenute troppo restrittive?
«Non sono un politico e mi rendo conto che non esiste un manuale scientifico per prendere le decisioni giuste. Occorre però coesione fra tutti i governatori, è fondamentale muoversi in modo unitario. Le decisioni devono essere concordate a tutti i livelli istituzionali. Ci vuole chiarezza nella comunicazione, non polemiche politiche».
Il numero dei decessi continua ad essere drammatico: quando comincerà a calare?
«Le morti di oggi sono la conseguenza dei contagi avvenuti a ottobre e inizio novembre. Il virus è sempre più trasversale: oltre agli anziani c’è un numero crescente di 50 e 60enni in rianimazione Quello che fa ben sperare è che molti più pazienti vengono dimessi dalle terapie intensive. Ed entro il 20 dicembre i decessi dovrebbero calare sensibilmente».
Quali sono i nodi più critici per i prossimi mesi?
«Intanto ci sono delle cose che andrebbero evitate. Penso ai vaccini: gli annunci dei centri di ricerca e dei produttori di tutto il mondo rischiano paradossalmente di creare più diffidenza che fiducia. Le esternazioni eccessive sono controproducenti».
Si parla molto di quali criteri adottare per la somministrazione del vaccino...
«C’è un elemento nuovo che riguarda i vaccini che garantiscono l’immunità sterilizzante: se una somministrazione evita cioè di ammalarsi e anche di essere contagiosi allora potrebbe avere un senso vaccinare chi ha una vita sociale intensa, come i giovani. Viceversa si dovrà cominciare dai più fragili».
Molti suoi colleghi ribadiscono che senza comportamenti virtuosi durante le feste ci ritroveremo a gennaio con un aumento esponenziale dei contagi, è d’accordo?
«La crescita all’ennesima potenza dell’infezione è contemplata dai modelli matematici; nella realtà è più remota. A condizione di non abbassare la guardia, anche nelle zone gialle del Paese».
Quanto è probabile una terza ondata?
«Andando a studiare le pandemie del passato, salta all’occhio la terza ondata della Spagnola del 1918-20. Dalla nostra parte abbiamo la speranza di un’accelerazione per il vaccino. Inoltre i lockdown mirati hanno dimostrato di essere molto efficaci nel contenimento dei contagi».