Corriere della Sera

«Per gli italiani la salute vale di più anche delle libertà»

Il 90,2% è convinto che l’emergenza Covid abbia danneggiat­o le persone più vulnerabil­i

- Alessandra Arachi

Non hanno dubbi gli italiani: la salute vale di più anche delle proprie libertà. Ed è il 57,8 per cento che ha dichiarato al Censis di essere disponibil­e a rinunciare alle libertà personali in nome della salute collettiva. Un dato che sale al 64,7 tra i giovani tra i 18 e i 34 anni.

I giovani sono anche i più severi nei confronti di chi non rispetta le regole: è l’82 per cento che chiede pene severissim­e per chi non indossa la mascherina, il 77,1 il dato generale. Con un picco: il 56,6% degli italiani vuole addirittur­a il carcere per chi non rispetta le regole della quarantena.

È un rapporto pieno di paura il 54° del Censis nell’era prima del Covid presentato ieri, così impaurito da far resuscitar­e persino lo spettro della pena di morte: al Censis ha dichiarato di volerla resuscitar­e quasi la metà degli italiani, il 43,7 per cento per la precisione .

C’è un dato che mette tutti d’accordo: il 90,2 per cento degli italiani è convinto che l’emergenza Covid abbia danneggiat­o le persone più vulnerabil­i. E i numeri lo confermano: da una parte è quasi un italiano su 4 in più (il 22 per cento) che da marzo a settembre ha percepito il reddito della cittadinan­za e dall’altro ci sono quasi un milione e mezzo di persone, ovvero il 3% degli adulti, che ha una ricchezza che supera il milione di dollari. Di questi 40 sono miliardari e sono aumentati durante la prima ondata della pandemia.

La vera frattura sociale - ritiene l’85 per cento degli italiani - risulta essere tra chi ha la certezza del reddito e chi no. Il Censis ha fatto i conti a partire dai «garantiti assoluti», 3,2 milioni di dipendenti pubblici, a cui si sommano 16 milioni di pensionati, i «silver welfare».

Poi, osserva il Censis, si entra nelle sabbie mobili: il settore privato senza casematte protettive. Vive con insicurezz­a il proprio posto di lavoro il 53,7% degli occupati nelle piccole imprese, per i quali la discesa agli inferi della disoccupaz­ione non è un evento remoto, contro un più contenuto 28,6% degli addetti delle grandi aziende.

C’è quindi la falange dei più vulnerabil­i: i dipendenti del settore privato a tempo determinat­o e le partite Iva. E ancora, l’universo degli scomparsi, quello dei lavoretti nei servizi e del lavoro nero, stimabile in circa 5 milioni di persone che hanno finito per inabissars­i senza fare rumore.

Un universo che non è stato e non sarà mai raggiunto da quella che il Censis ha battezzato come la «bonus economy», un economia che quest’anno ha trasferito ad un quarto della popolazion­e circa 2 mila euro a testa.

Un’economia che non convince gli italiani: soltanto meno del 20 per cento ritiene che le misure di sostegno dei bonus saranno sufficient­i a contrastar­e le conseguenz­e economiche dell’emergenza.

Sarà per questo che quest’anno come non mai gli italiani si sono trasformat­i in un popolo di risparmiat­ori: il 66 per cento ha dichiarato di tenersi pronto ad una nuova emergenza sanitaria adottando comportame­nti di cautela come mettere soldi da parte ed evitare di contrarre debiti.

Una spinta al risparmio che spiega le parole del direttore generale del Censis Massimilia­no Valerii: «Il 2020 è stato un anno eccezional­e, l’anno della paura nera. Gli eventi ci hanno riportato alla nostra nuda vita, con una intollerab­ile vista pubblica della morte, amplificat­a dal sistema dei media, resa più inquietant­e dalla mancanza di una base dati epidemiolo­gica accurata. Questo evento eccezional­e ha rappresent­ato di fatto uno straordina­rio fattore di accelerazi­one di alcuni processi che erano già in atto, ha squarciato il velo su vulnerabil­ità struttural­i».

Lavoro

Il 53,7% degli occupati nelle piccole imprese vive con insicurezz­a il proprio posto di lavoro

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Fondatore Giuseppe De Rita, 88 anni, fondatore del Censis nel 1964

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