Il rischio sudditanza
«Meglio sudditi che morti». Parafrasando un celebre slogan del pacifismo degli anni 80 («meglio rossi che morti») che predicava il disarmo unilaterale dell’Occidente nei confronti dell’Urss, il Censis ci manda un messaggio inequivocabile. In nome della sacrosanta tutela della salute si sta diffondendo nel Paese uno spirito di delega, un’arrendevolezza sociopolitica che ha la sua radice nella paura del Covid-19. Siamo passati in poco tempo dall’indignazione h24 contro la Casta e i Competenti a un 57,8% degli italiani disposto a rinunciare alle libertà personali in cambio di una promessa di salute collettiva. Il populismo si rivela una sottile mano di vernice che ha ricoperto per una stagione le paure degli italiani ma che davanti alle prove più difficili si scrosta. Il guaio però è che la nuova sudditanza psicologica non ci rivela solo l’afasia degli urlatori di ieri, ci parla anche di una società organizzata che ha deposto le armi, che spera che nell’ora più buia si palesi il sigaro di un Churchill (che non c’è) e intanto non trova di meglio che affidare il suo futuro alla spesa pubblica e al debito. Nella stessa direzione va anche il giudizio espresso dal presidente della Confindustria, Carlo Bonomi, e riportato dal Sole
24 Ore («è da settembre che propongo il patto per l’Italia e sono rimasto solo»). Sommando le tracce fornite dal Censis e da Bonomi si arriva infatti a un’amara conclusione: mentre le fratture della società si moltiplicano viene meno la volontà di raccogliere quelle istanze, di dar loro un senso compiuto, di rafforzare la credibilità della democrazia. E quando i soggetti della mediazione non sono in campo «il fondale inesplorato» della società resta lì, a covare rabbia e sofferenza, come già si è potuto vedere in qualche scampolo di guerriglia di piazza. Esistono in questo momento due Italie, rincara il Censis, quella di chi ha garantito il proprio lavoro e di chi no. Dipendenti pubblici e pensionati da una parte, autonomi dall’altra accanto ai dipendenti privati tutelati dal blocco dei licenziamenti fino a primavera. È la principale linea di frattura della società italiana e va monitorata con attenzione e cura. A cominciare dal prossimo 9 dicembre quando il pubblico impiego sciopererà per il rinnovo del contratto.