Lo psicodramma all’assemblea 5 Stelle Di Maio: non portate Conte sul patibolo
Una decina i dissidenti. «Il governo cade? Non importa»
Nel Movimento, da tempo, non comanda nessuno, né per autorità né per autorevolezza. Né l’ex leader Luigi Di Maio, né l’attuale capo politico Vito Crimi, né tantomeno un Davide Casaleggio sempre più in disgrazia. Per questo, quando il gioco si fa duro e l’entropia raggiunge livelli pericolosi, si confida nell’intervento del motore immobile, la sibilla del Movimento, Beppe Grillo. Puntualmente il post arriva in mattinata — con il titolo morettiano «La Mes è finita» — e puntualmente risulta ambiguo. Cosa avrà voluto dire Beppe? I moderni aruspici rovistano tra le sue parole e scrutano la vignetta a corredo, con le tre scimmiette del «non vedo non sento non parlo», per capire se il fondatore abbia voluto dare una mano ai nemici del Mes («strumento inadatto e inutile») oppure sostenere un governo sempre più in difficoltà («lo ha già detto Conte»). Nel dubbio, tutti si appropriano delle sue parole. Ed è un problema, perché il clima si è fatto rovente e Palazzo Madama il 9 dicembre, quando Giuseppe Conte presenterà la risoluzione per la riforma del Mes, rischia di diventare l’epicentro di una battaglia campale. La maggioranza è appesa a un filo. ll drappello di dissidenti si è assottigliato, ma si attesta ancora intorno ai dieci. Quanto basterebbe per non far passare la risoluzione o, forse peggio, per testimoniare un cambio di maggioranza, con il soccorso azzurro di Forza Italia. E così all’assemblea serale scoppia lo psicodramma, con immagini grand guignol, come quando Di Maio invita i gentili presenti a «non portare Conte al patibolo» o quando la ribelle Emanuela Corda non esita a parlare di «fascismo».
Nicola Morra è tra chi tira per la giacchetta il «ragionier» Grillo. Sulle sue posizioni ci sono Barbara Lezzi ed Elio Lannutti. Per convincerli scendono in campo i big. Tutti i sospetti vengono tempestati di telefonate, uno per uno, in vista dell’assemblea serale via Zoom. Morra è irremovibile
Sarebbe da irresponsabili votare contro l’esecutivo e il presidente del Consiglio Si vota sulle dichiarazioni del premier e del governo in Aula, non si vota sull’accesso al Mes
Luigi Di Maio
Il Mes è uno strumento che non ci piace, obsoleto e potenzialmente dannoso e neanche la sua riforma è all’altezza di affrontare una situazione come quella del Covid
Vito Crimi
e lo si accusa di cercare una vendetta dopo il caso delle vituperate dichiarazioni sulla presidente Jole Santelli e la debole difesa dei colleghi. Dal Movimento partono veleni nei suoi confronti: «Ma si sa qualcosa di cos’ha fatto in questi mesi la commissione Antimafia? Copiosi file inutili. Gli impresentabili? Pure Rosy Bindi li elencava». Lo spregiudicato Lannutti sembra più deciso che mai e dice ai colleghi: «Se cade il governo? Non m’importa nulla». Con la moral suasion ci prova anche la sottosegretaria Laura Agea, derubricando Grillo a un «libero
La lettera dei parlamentari è stata interpretata come se avessimo nel mirino Conte... Con questo metodo diventa impossibile lavorare e diventa complicato governare
Alfonso Bonafede
pensatore», come fosse un opinionista: «Il presidente convincerà tutti in Aula: finora non ci ha mai deluso». Chissà se convincerà anche Bianca Granato, Mattia Crucioli, Fabio Di Micco, Cataldo Mininno, Marco Croatti e gli altri descamisados. Nel Misto, gli ex M5S sono agitati, Elena Fattori è cauta: «Prima voglio vedere cosa scrivono nella risoluzione». Crimi intanto accelera, si fa per dire, sugli Stati generali. Annuncia che il 10 dicembre — toh, il giorno dopo il voto sul Mes — si voterà sul documento uscito dal conclave. Quanto alla futura cabina di comando, arriverà con i vaccini, nel 2021. Per ora ci si accontenti del tesoriere, che riconferma la linea di comando: è Claudio Cominardi, indicato da Grillo e vicino a Di Maio.
Non avendo una bussola e avendo già provato a scrutare i confusi punti cardinali di quella di Grillo, si compulsa la più prosaica bacheca di Alessandro Di Battista. Che nei giorni scorsi ha preso le distanze dai quattro europarlamentari amici che hanno deciso di lasciare, ma ora non sembra affondare il colpo sul Mes come ci si aspettava. «Lo sta per fare», assicura qualcuno.
Il duello con Morra
Morra irremovibile sul no. E partono i veleni: la sua commissione che fa? Copiosi file inutili
«Non si vuole intestare la colpa della caduta del governo, che pure vorrebbe», dice qualcun altro.
Da Palazzo Chigi si respira la proverbiale quiete prima della tempesta, anche se già si aprono gli ombrelli. In sede governativa, si sprecano i riferimenti alle parole del capo dello Stato, che sembra prefigurare come unica via di uscita da una crisi il voto. «Nessuno vuole le urne», si ripete a Palazzo e in assemblea, confidando in una profezia che si autoavveri. Di Maio ai tg ribalta la frittata e spiega che «non si vota sul Mes ma sulle dichiarazioni del presidente del Consiglio». Alfonso Bonafede, definisce «grave» la lettera dei ribelli: «Così si indebolisce il governo». Crimi non trova più aggettivi per dipingere il Mes male assoluto. Contro cui, però, non è il caso di fare «ostruzionismo».