UN’IMPLOSIONE CHE SI PROIETTA SUL FUTURO DEL GOVERNO
L’involuzione che sta subendo il Movimento Cinque Stelle è parallela al suo sgretolamento. E probabilmente si spiega anche con l’esigenza di velarlo e arginarlo. Il sigillo è arrivato ieri con la sparata del fondatore Beppe Grillo contro il prestito del Mes, contro le esenzioni fiscali della Chiesa cattolica e a favore di una «tassa patrimoniale ai super ricchi». E per tentare di apparire più credibile ha evocato i «no» al fondo europeo ripetuti dal premier Giuseppe Conte: tipico diversivo dei momenti di difficoltà per spostare l’attenzione dai problemi del M5S. Il ritorno al populismo delle origini dovrebbe fermare le spinte centrifughe nel Parlamento italiano ed europeo; restituire credibilità a una nomenklatura senza più un baricentro; e scansare l’impressione di un Movimento infiltrabile dai gruppi di interessi, e condizionato al momento di approvare alcune leggi: a volte, forse, senza che nemmeno ne sia consapevole fino in fondo per difetto di esperienza e competenza.
Il populismo
Nel Movimento un’involuzione parallela al suo sgretolamento Le parole di Grillo indicano un ritorno al populismo delle origini
Con iattanza, il controverso presidente dell’Antimafia, Nicola Morra, ieri ha annunciato che «in Aula il 9 dicembre il M5S farà il M5S». E cioè voterà contro il Mes. Si capirà presto quanto le parole sue e di altri avranno seguito. Il solo fatto che siano lanciate con un tasso di irresponsabilità così ostentato, tuttavia, segna di per sé l’immagine della principale forza di governo. Mostra quanto sia difficile il tentativo del ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, di plasmarne un profilo meno estremista. Di Maio aveva anche dichiarato che il reddito di cittadinanza va riformato, perché così com’è non funziona. E, va aggiunto, l’assenza di controlli finisce per favorire perfino alcuni criminali. Ma ieri è stato un coro di «il reddito non si tocca»: slogan rilanciati quasi per inerzia, che però schiacciano lo stesso premier su un grillismo vecchio stile e conflittuale con l’Europa. Sono indizi di una deriva al momento vincente, almeno in apparenza. Il M5S sembra risucchiato da parole d’ordine della campagna elettorale del 2018, all’inizio dell’alleanza di potere con la Lega di Matteo Salvini. E lo fa senza curarsi dei contraccolpi che la regressione produce sul governo. In un momento decisivo per contrastare i contagi del Covid-19, il grillismo implode mostrando quanto sia virtuale la maggioranza relativa degli eletti di cui gode in Parlamento. Eppure reagisce non cercando di capire perché continui a perdere pezzi, ma comminando sanzioni e trincerandosi nell’illusione di una vecchia identità finita con l’approdo al governo. Gli interventi surreali di Grillo sono l’emblema di questa crisi. E sebbene non si vedano né voglia né capacità di misurarsi con le contraddizioni, prima o poi la realtà presenterà il conto.