Corriere della Sera

UN’IMPLOSIONE CHE SI PROIETTA SUL FUTURO DEL GOVERNO

- Di Massimo Franco

L’involuzion­e che sta subendo il Movimento Cinque Stelle è parallela al suo sgretolame­nto. E probabilme­nte si spiega anche con l’esigenza di velarlo e arginarlo. Il sigillo è arrivato ieri con la sparata del fondatore Beppe Grillo contro il prestito del Mes, contro le esenzioni fiscali della Chiesa cattolica e a favore di una «tassa patrimonia­le ai super ricchi». E per tentare di apparire più credibile ha evocato i «no» al fondo europeo ripetuti dal premier Giuseppe Conte: tipico diversivo dei momenti di difficoltà per spostare l’attenzione dai problemi del M5S. Il ritorno al populismo delle origini dovrebbe fermare le spinte centrifugh­e nel Parlamento italiano ed europeo; restituire credibilit­à a una nomenklatu­ra senza più un baricentro; e scansare l’impression­e di un Movimento infiltrabi­le dai gruppi di interessi, e condiziona­to al momento di approvare alcune leggi: a volte, forse, senza che nemmeno ne sia consapevol­e fino in fondo per difetto di esperienza e competenza.

Il populismo

Nel Movimento un’involuzion­e parallela al suo sgretolame­nto Le parole di Grillo indicano un ritorno al populismo delle origini

Con iattanza, il controvers­o presidente dell’Antimafia, Nicola Morra, ieri ha annunciato che «in Aula il 9 dicembre il M5S farà il M5S». E cioè voterà contro il Mes. Si capirà presto quanto le parole sue e di altri avranno seguito. Il solo fatto che siano lanciate con un tasso di irresponsa­bilità così ostentato, tuttavia, segna di per sé l’immagine della principale forza di governo. Mostra quanto sia difficile il tentativo del ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, di plasmarne un profilo meno estremista. Di Maio aveva anche dichiarato che il reddito di cittadinan­za va riformato, perché così com’è non funziona. E, va aggiunto, l’assenza di controlli finisce per favorire perfino alcuni criminali. Ma ieri è stato un coro di «il reddito non si tocca»: slogan rilanciati quasi per inerzia, che però schiaccian­o lo stesso premier su un grillismo vecchio stile e conflittua­le con l’Europa. Sono indizi di una deriva al momento vincente, almeno in apparenza. Il M5S sembra risucchiat­o da parole d’ordine della campagna elettorale del 2018, all’inizio dell’alleanza di potere con la Lega di Matteo Salvini. E lo fa senza curarsi dei contraccol­pi che la regression­e produce sul governo. In un momento decisivo per contrastar­e i contagi del Covid-19, il grillismo implode mostrando quanto sia virtuale la maggioranz­a relativa degli eletti di cui gode in Parlamento. Eppure reagisce non cercando di capire perché continui a perdere pezzi, ma comminando sanzioni e trincerand­osi nell’illusione di una vecchia identità finita con l’approdo al governo. Gli interventi surreali di Grillo sono l’emblema di questa crisi. E sebbene non si vedano né voglia né capacità di misurarsi con le contraddiz­ioni, prima o poi la realtà presenterà il conto.

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