«I revisori arrestati avevano in mano le finanze della Lega»
La deposizione del contabile ai domiciliari
La gestione finanziaria della Lega «è totalmente in mano a Di Rubba e Manzoni», sono loro a decidere a chi affidare incarichi sia nell’amministrazione interna del partito, sia negli enti pubblici in cui il Carroccio è in grado di esercitare tutta la sua influenza. I professionisti, però, devono «retrocedere» parte dei compensi che incassano come contributo alle casse della Lega. A delineare, ingrandendolo notevolmente, quale sia il reale peso nel partito dei due commercialisti arrestati nell’inchiesta sulla sede di Lombardia Film commission è Michele Scillieri, il terzo finito ai domiciliari.
Interrogato dai pm milanesi Stefano Civardi ed Eugenio Fusco, Scillieri prova, invece, a minimizzare la sua figura, nonostante non sia l’ultimo arrivato, avendo ospitato nel 2017 nel suo studio di Milano la neonata Lega per Salvini premier. «Sono diversi episodi» a fargli ritenere che a gestire le chiavi dell’amministrazione siano Di Rubba e Manzoni, non meno di lui legati alla Lega di Salvini che, eletto segretario nel 2014, affidò la tesoreria del partito a Giulio Centemero, loro socio e compagno di università. Di Rubba è stato nominato revisore del gruppo al Senato, Manzoni alla Camera. Il punto non chiarito in questa vicenda, che dalla compravendita del capannone di Cormano si estende sempre più al mondo leghista, ruota intorno a una domanda alla quale le indagini non hanno ancora dato una risposta: ci sono soldi che tornano in nero alla Lega?
Come consulente tributario, il 15 dicembre 2016 Scillieri emette una fattura da 24.000 euro a carico di Lega Nord. Il partito paga e lui gira due terzi della somma, 16.000 euro, a Di Rubba e Manzoni, come «avevo concordato con Di Rubba», dice. Anche la metà, pari a «47 mila euro», dei compensi che riceve dal 2015 al 2020 da Lombardia film commission quale consulente finanziario (ce lo aveva messo l’allora presidente Di Rubba) finisce ai due colleghi bergamaschi. «C’era un accordo a monte tra noi prima della mia nomina». «Manzoni ha messo in chiaro che gli emolumenti dovevano essere restituiti al partito» dichiara spiegando che «l’incarico da me ricevuto aveva una matrice politica. Era prassi che una quota degli emolumenti venisse restituita al partito. Se non avessi fatto così, non avrei avuto altri incarichi o comunque non mi sarebbe stato rinnovato quello in Lfc». E aggiunge: «Manzoni stesso mi confidò nel 2018 il sistema. Un mio cliente mi aveva detto che voleva allacciare rapporti con la Lega. Manzoni fu esplicito: non potevano dare incarichi a persone sconosciute che non potevano garantire le retrocessioni alla Lega». La percentuale da versare «variava tra il 5 e il 15% in relazione alla persona e al tipo di incarico».
Quando Civardi e Fusco gli mostrano altre due fatture, la n.39 del 19 giugno 2018 da 64.128 euro alla Lega per «Onorari consulenza tributaria anno 2018» e la n. 45 del 5 ottobre 2017 per «Attività di consulenza professionale» pagata da Pontidafin, Scillieri, difeso dall’avvocato Massimo Dinoia, precisa che in questi casi non ci furono retrocessioni al Carroccio perché si trattava di quanto lui doveva avere per l’affare Film commission. Per la Procura, invece, Scillieri, Di Rubba e Manzoni avrebbero incassato gran parte degli 800.000 euro di fondi della Regione spesi da Lfc per la nuova sede. Scillieri, che era l’amministratore occulto
Le retrocessioni
Scillieri e il racconto sugli incarichi dal partito: li davano se restituivi parte dei soldi
Interrogatori
Convocati in Procura, Manzoni e Di Rubba ieri hanno scelto di non rispondere
della Andromeda, la società venditrice, si è sempre lamentato di non aver preso nulla perché i 400 mila euro che incassò la società furono spesi per la ristrutturazione del capannone fatta dall’impresa di Francesco Barachetti. E neppure bastarono, tanto che fu costretto a cedere un terreno di sua proprietà all’imprenditore bergamasco, anche lui molto legato al Carroccio, che neppure lo voleva. A convincerlo, ha dichiarato, fu Di Rubba assicurando a Barachetti che «avrebbe avuto altre commesse» dalla Lega. Convocati per essere interrogati in Procura, ieri Di Rubba, Manzoni e Barachetti si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. Sostegni, invece, ha chiesto con il suo legale, l’avvocato Giuseppe Pennisi, di patteggiare la pena di 4 anni e 10 mesi di reclusione.