Le morbide «architetture» di rattan
Torna il giunco negli arredi. E la sapienza artigianale si intreccia con le forme contemporanee
L’iconografia rimanda alle verande del secolo scorso, ma anche a interni in stile giardino magari in appartamenti di città. Intrecci che si fanno struttura e danno vita ad arredi scultorei accomunati da un solo materiale, funzionale e allo stesso tempo decorativo: il rattan, alias il giunco. Nessun revival del passato. Ma non si tratta nemmeno di un legame per affinità al mondo outdoor (obbligato a sposare, per motivazioni pratiche, le fibre sintetiche). Eppure, in un momento storico dove ricerca e innovazione sono temi caldi anche nell’arredo, designer e produttori rilanciando questo materiale della tradizione. Con una nuova consapevolezza, senza traccia di nostalgie.
«Certo, da 500 anni a questa parte, il rattan e il modo di lavorarlo sono rimasti identici. Il design è stato il punto di arrivo», premette Elia Bonacina, amministratore delegato del marchio di famiglia che da 131 anni esatti ha reso il materiale famoso e desiderato nelle case colte di tutto il mondo. Un alter ego del legno, esistente in oltre 100 varietà diverse.
Solidissimo ma duttile, per chi sa come maneggiarlo: «Siamo da sempre gli unici in Europa a trattare il rattan con lavorazioni di alto livello. Per piegarlo usiamo il fuoco: ogni curvatura nasce dalla manualità, “domando” il materiale», racconta Bonacina di questo processo, che nel tempo ha attratto designer e arredatori famosi come Gio Ponti, Franco Albini, Joe Colombo, Renzo Mongiardino. Certi di trovare in questa impresa, fondata su un processo di eccellenza e sulle capacità manuali di artigiani provetti, la possibilità di trasformare un’idea in un prodotto. «Un arredo è il risultato del lavoro congiunto nostro e del designer. Forgiato in opera, senza stampi o dime», precisa Elia Bonacina, raccontando come l’artigiano curvi il rattan usando fuoco, mani e pressione del corpo («Vedendolo all’opera, sembra quasi danzare con i fusti di giunco», dice). La sfida è far nascere una forma dandole stabilità, come è successo per esempio per la seduta Superelastica: «È stata necessaria una messa a punto lunghissima. Prove e
Un materiale che ha una forza iconica. Con la sua crescita rapida è primo nella sostenibilità
riprove per studiare come intrecciare le canne, particolarmente flessibili, e creare un volume capace di sostenersi perfettamente e durare nel tempo». Risultato, una forma che prima non c’era.
Identico obiettivo per la designer Elena Salmistraro, stregata dal materiale che l’ha spinta a osare, applicandolo a un «trono» in rattan e bambù nato nel borgo maceratese di Mogliano dagli artigiani di Bottega Intreccio. «Avevo pensato a una semplice seduta, e iniziato come sempre preparando un modello 3D. Ma, arrivata lì, mi si è aperto un mondo», racconta la designer. «E ho scoperto che, con la loro abilità, il disegno non serviva, perché con le mie indicazioni l’artigiana creava la forma letteralmente intorno al mio corpo», rievoca lei. Da qui l’idea di una silhouette allungata, nata dalla combinazione tra più tipologie di intreccio con la classica paglia di Vienna. Chiamata Lisetta, in onore della «intrecciatrice» che l’ha creata. «Credo che il valore stia in questo: l’unione virtuosa tra la mano e il design. La possibilità di riprodurre in serie un oggetto scaturito da un saper fare antico. Che va salvaguardato».
Passato diventato futuro. In questa chiave una lavorazione famosa – la paglia di Vienna, intreccio in giunco trafilato – diventa contemporanea. «Siamo rimasti volutamente lontani dall’abbinarla al legno curvato, usandola invece in modo architettonico», spiegano gli Storage, - Michele Pasini, Barbara Ghidoni, Marco Donati – autori di NYNY, un contenitore geometrico verticale dalle ante in paglia di Vienna. «Tesa in un telaio come l’ha sempre usata Thonet, ma enfatizzata per la sua trama traforata. Come fosse ia finestra di un edificio».
Una tridimensionalità che torna, amplificata, negli arredi appena lanciati da Cristina Celestino per Maison Matisse, marchio creato dai discendenti del pittore: «Nei suoi quadri l’apertura verso l’esterno è sempre presente, e l’uso del rattan lo allude», motiva lei riguardo la scelta del materiale. «L’ho usato anche per via della sua forza iconica. Non a caso molti arredi in rattan sono diventati pezzi da collezione». Strutture create con fusti di vario spessore piegati e intrecciati, senza ulteriori finiture. «Volutamente.
Oggi sempre più desideriamo ricollegarci con la natura. E il rattan ci aiuta con la sua suggestione». Anzi, verrebbe da dire, con la sua qualità intrinseca perché - ci conferma Elia Bonacina - a questo materiale, che non provoca disboscamento grazie alla sua crescita rapida, va il primato della sostenibilità. «Inoltre il suo “midollo” è stato testato in campo medicale per gli innesti ossei, e i risultati sembrano promettenti», aggiunge Bonacina. Come dire, natura pura. E un plusvalore etico, da aggiungere al design.