Il ritorno in India di Megha Majumdar
ABurning, di Megha Majumdar, è uno dei libri dell’anno, come ha scritto recentemente il New York Times. Siamo a Kolkata, in una bidonville di questa infernale città, dove Jivan – la ragazza musulmana protagonista di un romanzo d’esordio che scorre senza incertezze con i ritmi di una serie tv - tenta di costruirsi un futuro meno infernale. Il padre è malato, la madre cucina pasti per i vicini, lei si collega al mondo grazie allo smartphone acquistato con i primi stipendi. Ma il destino le ha riservato una sorpresa: verrà accusata di un attentato di cui è stata solo testimone. Un post condiviso su Facebook e una serie di coincidenze che diventano prove (un colpevole va trovato a tutti i costi) la trascinano in un incubo ogni giorno più reale. Le sue tante speranze sono cancellate. «Cerco di raccontare — ha detto l’autrice di A Burning — personaggi che hanno grandi sogni anche in condizioni di vita molto difficili».
Trentadue anni, nata e cresciuta anche lei a Kolkata, Megha Majumdar ha studiato a Harvard e si è perfezionata in antropologia alla John Hopkins. Vive a New York e lavora dal 2015 alla casa editrice Catapult: il suo obiettivo è sostenere libri scritti con «curiosità e immaginazione». Come A Burning, che doveva essere «tanto divertente quanto intellettualmente serio». Missione compiuta, anche per merito degli altri due personaggi principali (Lovely, transgender, e PT Sir, insegnante di fitness, entrambi in qualche modo legati alla persecuzione di Jivan). Intorno a loro il quadro impietoso di un’India che cambia (non sempre in meglio) attraversata da pulsioni ultranazionalistiche.
Eccolo, il mondo di Megha Majumdar: un mondo che è come è, da capire sfogliandone tutte le pagine. Non è un caso che in una intervista a «Pen America» questa giovane scrittrice dal sorriso timido ricordi che il primo libro che ha avuto un profondo influsso su di lei, da bambina, sia un atlante del Reader’s Digest. «Ho passato molto tempo — aggiunge — a guardare le carte geografiche dei Paesi di tutto il mondo, immaginando quanto le sfumature di blu corrispondessero alla profondità dell’oceano, leggendo ad alta voce i nomi dei luoghi». Alla voce India di questo atlante c’è ora un romanzo.