Matteo Lancini «Futuri ragazzi dall’identità molto fluida»
«Le nuove generazioni vivono e vivranno sempre di più nelle piazze virtuali. La ragione va ricercata nel fatto che i loro corpi sono sotto sequestro da parte degli adulti, che non ne tollerano il movimento. Ma i bambini e i ragazzi hanno bisogno di vivere esperienze corporee fuori dal controllo dei genitori e degli insegnanti. Ormai l’unico ambiente dove possono farle è quello digitale». Lo dice Matteo Lancini, psicologo e psicoterapeuta, presidente della Fondazione Minotauro di Milano, che pochi mesi fa ha pubblicato per Utet il libro Cosa serve ai nostri
ragazzi. «Nonostante le violenze sui minori avvengano per lo più in famiglia, anche a causa del venir meno della comunità educante e dell’avvento della società massmediatica si è diffusa l’idea che quello davvero pericoloso sia il mondo fuori. La pandemia ha peggiorato questa percezione e a soffrirne di più sarà chi oggi ha tra i 6 e i 10 anni». Lancini si immagina i bambini della Generazione Alpha (nati dal 2010) come futuri adolescenti pacifici, capaci di prendersi in carico le angosce degli adulti: «Trascorreranno le loro giornate online, a giocare, litigare, scherzare... Se ne staranno davanti al pc con un visore per la realtà virtuale e sensori collocati dappertutto. E così i genitori sentiranno che i loro figli sono al sicuro. Anche la sessualità si trasferirà in rete. Del resto già adesso il sesso ha perso importanza per i ragazzi: ciò che conta è la mente». Ci sono altri due aspetti che potrebbero avere delle ricadute nella definizione dell’identità della Generazione Alpha: «Come stiamo già vedendo con gli adolescenti odierni, ora si cresce in un contesto di fluidità meno drammatico rispetto al passato: se un ragazzo si trucca non si parla più di trasformismo, per esempio». Ma a detta di Lancini la questione davvero rivoluzionaria — ben più del rapporto con Internet — riguarda la possibilità di procreare in assenza di atto sessuale: «I bambini della nuova generazione sono i primi a crescere con la consapevolezza che grazie alla procreazione assistita si può avere un figlio senza fare l’amore».