Corriere della Sera

QUEI TROPPI (E INUTILI) DISTINGUO

- di Antonio Polito

Le pose gladiatori­e sul Mes andrebbero prese per quello che sono: manifestaz­ioni di una collaudata commedia dell’arte politica all’italiana. Il temuto voto del Senato non richiederà infatti una maggioranz­a qualificat­a: basterà che i sì siano più dei no.

Obiettivo raggiungib­ile, con le opportune astensioni e assenze tattiche dall’Aula, e con un adeguato impapocchi­amento della mozione di maggioranz­a. Lo sanno benissimo anche i dissidenti dei Cinquestel­le, che solo per questo sono usciti allo scoperto, giocando a fare la faccia feroce come fecero sulla Tav. No Mes e NoTav del resto si assomiglia­no: due battaglie di retroguard­ia condotte con piglio d’avanguardi­sti da estremisti di destra e di sinistra. Salvo colpi di scena, per scongiurar­e i quali fonti del Quirinale hanno evocato le elezioni anticipate in caso di crisi, si può dunque capire la tranquilli­tà ostentata da Conte, sicuro che non cadrà mercoledì: «Guido un governo europeista — ha detto — saremo protagonis­ti della riforma del Mes insieme a Parigi e Berlino». Cioè la voteremo. Meno tranquilli si può stare invece per l’Italia che, pur essendo stata colta gravemente impreparat­a non una, ma due volte, dalla crisi sanitaria, si appresta a rinunciare ai fondi del Mes pandemico per mere ragioni politiche, cioè per ripagare i Cinquestel­le del loro sì alla riforma del Mes salva Stati e salva Banche.

Ma se la maggioranz­a balbetta, l’opposizion­e a guida sovranista di Salvini e Meloni sembra saper solo urlare, con accuse e critiche spesso poco comprensib­ili e in qualche caso prive di fondamento. Rischia infatti una nuova sconfitta. E conferma una sostanzial­e incapacità di leggere l’interesse nazionale in un quadro europeo; anche quando in tutta evidenza è proprio il quadro europeo (dagli acquisti massicci del nostro debito da parte della Bce, ai 209 miliardi per il piano di ricostruzi­one, al fondo Sure per sorreggere il mercato del lavoro) a tenere in piedi un’Italia piegata dalle due consecutiv­e ondate di Covid, che da noi hanno fatto più lutti e danni che altrove. Ne esce male anche Berlusconi, l’unico «europeista» del centrodest­ra. La sua giravolta, dal sì allo scostament­o di bilancio al no sulla riforma del Mes (la cui prima versione fu del resto trattata e firmata dal suo governo), gli toglie credibilit­à e autorevole­zza: beni che sarebbero invece preziosi per compensare l’inesorabil­e calo di consensi, e provare così a conservars­i un ruolo da protagonis­ta.

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