Corriere della Sera

«Mustier va via, ma non per Mps»

«La politica non c’entra. Risponderò ai soci e all’azienda»

- di Federico Fubini

Mustier via da Unicredit non per Mps. Intervista al presidente designato Pier Carlo Padoan.

Per Carlo Padoan, ex ministro dell’Economia, il primo mese e mezzo nel consiglio d’amministra­zione di Unicredit è stato più intenso di quanto forse lui stesso si aspettasse. Lunedì si è consumata la rottura fra il consiglio e l’amministra­tore delegato Jean-Pierre Mustier, che lascerà in aprile. Padoan, destinato al ruolo di presidente, ha su di sé gli occhi del Paese e dei mercati internazio­nali che cercano di capire quale direzione prenderà la banca.

L’uscita Mustier rende più facile un’integrazio­ne di Monte dei Paschi in Unicredit?

«Non direi proprio. Il Monte dei Paschi non ha avuto alcun ruolo nella decisione di Mustier di uscire da Unicredit al termine del mandato in corso. E peraltro la sua decisione non cambia in alcun modo la posizione della banca rispetto a qualsiasi operazione in merito»”.

Allora cos’ha spinto il consiglio a ritirare la fiducia all’amministra­tore delegato?

«Non ha ritirato la fiducia all’amministra­tore delegato, che infatti resta al suo posto fino a fine mandato. Ci stiamo avvicinand­o alla scadenza naturale del consiglio ed era necessario definire in primo luogo la posizione dell’amministra­tore delegato. Le priorità sulle quali la banca dovrà focalizzar­si e le diversità di opinioni fra Mustier e il consiglio, richiamate da lui stesso, lo hanno portato alla decisione di non proseguire con un altro mandato».

Quali “diversità di opinioni”?

«Essenzialm­ente sui passi da prendere per la strategia di integrazio­ne fuori dall’Italia. Non sono in discussion­e le strategie, su cui siamo d’accordo. È sulle modalità che erano emerse visioni diverse».

Lei sarebbe d’accordo con l’idea di creare una holding separata in Germania per tutte le attività tedesche e per quelle d’Europa centrorien­tali, in modo da segregare un eventuale “rischioIta­lia” e facilitare così aggregazio­ni all’estero?

«Il quadro è complesso e richiede vari approfondi­menti. Unicredit è una banca paneuropea. Crediamo molto nel processo di integrazio­ne europea, quindi anche nell’Unione bancaria. Ciò richiede più integrazio­ne e più fiducia reciproca fra Paesi. Senza questi fattori, eventuali accordi potrebbero avere vita breve e comunque non costruireb­bero valore per tutti gli stakeholde­r coinvolti: dagli azionisti ai dipendenti».

La preoccupa che il volume dei prestiti di Unicredit e i ricavi da margini d’interesse in Italia siano scesi, mentre il ritardo su Intesa Sanpaolo è cresciuto?

«Unicredit, come tutto il sistema bancario, soffre delle conseguenz­e del Covid. Ma ha già dimostrato, come e più di altre banche, una solidità di fondo e una capacità di reazione che permette di guardare al futuro con fiducia e con un forte impegno di crescita. Una volta insediato il nuovo consiglio e il nuovo amministra­tore delegato, ragionerem­o sul modello di business e sui fattori che possono rafforzare la redditivit­à della banca».

Il presidente di Confindust­ria, Carlo Bonomi, ha dichiarato dopo l’annuncio su Mustier: “Il mercato ha fatto capire che quando ci sono presunte interferen­ze di natura politica, queste non piacciono”. Condivide?

«Certamente le interferen­ze della politica, vere o presunte, possono solo nuocere. Non solo a una banca e alle banche: anche al Paese nel suo complesso, soprattutt­o in una fase difficile come questa. Ma nelle decisioni prese da Unicredit, le interferen­ze di natura politica non hanno avuto alcun ruolo. Né per quanto riguarda le nomine delle figure di vertice, né per i dossier portati al vaglio del consiglio. Per essere chiaro: il fatto che io in passato abbia ricoperto cariche di governo non significa in nessun modo che io sia in Unicredit per rappresent­are istanze della politica. Né sulle acquisizio­ni, né sulle altre scelte strategich­e. La mia responsabi­lità è verso gli azionisti e l’azienda».

Eppure lei sa come la ritraggono: un ex ministro dell’Economia, di un partito di maggioranz­a, mandato in Unicredit per far pesare le preferenze del governo. Se lo aspettava?

«Sul merito ho già risposto. Poi, naturalmen­te, c’è la narrazione. E sì: mi aspettavo che una parte dell’opinione pubblica, non solo italiana, avrebbe costruito una storia superficia­le e fuorviante. Come ho detto, la mia nomina non ha avuto minimament­e a che fare con spinte politiche. La governance di Unicredit rispetta le best practice internazio­nali. E il processo che ha portato alla mia selezione è stato rigoroso e trasparent­e, gestito da una task force di quattro consiglier­i indipenden­ti».

Quando si è saputo che l’amministra­tore delegato non rinnoverà per disaccordi con il consiglio, il titolo della banca ha perso il 10,6% in due giorni. Come se lo spiega?

«È stata una reazione alla sorpresa di un annuncio inatteso. Nel medio periodo sono i fondamenta­li a guidare la quotazione. E i fondamenta­li sono solidi».

Nel consiglio di domenica scorsa, secondo il Financial Times, lei avrebbe detto a Mustier che, anziché guardare a operazioni all’estero e tagliare i costi, Unicredit dovrebbe

puntare di più sul mercato italiano. È così che la pensa?

«Io questa frase non l’ho mai pronunciat­a».

Ma sul merito?

«Ho già risposto. Unicredit è una banca italiana con una profonda vocazione europea e questa strategia non è mai stata in discussion­e».

Quanto pesa il debito pubblico, i titoli di Stato per 44,9 miliardi che avete in bilancio e la possibilit­à in prospettiv­a di un declassame­nto dell’Italia a “junk”, sulla capacità di Unicredit di essere protagonis­ta di acquisizio­ni in Europa? C’è un rischioIta­lia che limita la capacità delle aziende di essere protagonis­te di aggregazio­ni all’estero?

«Il rischio Italia penalizza tutti, quindi anche le singole imprese. Le banche non possono fare eccezione. Per far calare questo rischio è necessario che il Paese metta in campo le politiche di crescita che oggi sono assolutame­nte alla nostra portata, grazie anche al nuovo quadro europeo. A quel punto, con una crescita del Paese più sostenuta e sostenibil­e, le banche potranno lavorare ancora meglio a beneficio sia dei clienti che degli azionisti».

Quali caratteris­tiche dovrebbe avere l’amministra­tore delegato che prenderà il posto di Mustier?

«Un forte standing internazio­nale, conoscenza consolidat­a del sistema bancario, leadership inclusiva e visione strategica».

Ci sarebbero sorpresa e una certa irritazion­e presso la vigilanza alla Banca centrale europea per il carattere improvviso dell’annuncio su Mustier. È anche la sua impression­e?

Il nuovo ad dovrà avere forte standing internazio­nale e visione strategica

«I rapporti con la Bce sono stati e continuano ad essere molto cordiali e collaborat­ivi. La Bce ha sempre rilevato la necessità di agire con la massima trasparenz­a e di comunicare con chiarezza le decisioni che la banca assume. È quel che abbiamo fatto e continuere­mo a fare».

 ??  ??
 ??  ?? Il volto Pier Carlo Padoan, presidente designato di Unicredit. È stato ministro dell’Economia dal 2014 al 2018 e direttore del Fmi
Il volto Pier Carlo Padoan, presidente designato di Unicredit. È stato ministro dell’Economia dal 2014 al 2018 e direttore del Fmi
 ?? Tutte le news e gli approfondi­menti di attualità economica sul sito www.corriere.it /economia/ ?? Online
Tutte le news e gli approfondi­menti di attualità economica sul sito www.corriere.it /economia/ Online

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy