Corriere della Sera

Di Maio, aut aut ai ribelli: dire no alla riforma è un attacco al premier

I dissidenti potrebbero presentare un testo alternativ­o

- di Emanuele Buzzi

Movimento ad alta tensione. La questione Mes tiene ancora banco nei 5 Stelle: la riunione congiunta di deputati e senatori non ha portato a una soluzione. Anzi, ha inasprito ancor più gli animi. Nelle ore successive all’incontro Luigi Di Maio è andato all’attacco, sfogandosi con i suoi. «Qualcuno dice che mercoledì in Aula si voterà per accedere al Mes. È una bugia. Il presidente del Consiglio all’Eurosummit si dovrà esprimere sulla riforma. Una riforma che io stesso ho definito peggiorati­va e che andava fermata anni fa, perché è una riforma iniziata sotto altri governi e che riguarda uno strumento che mai sarà usato dall’Italia». Ma l’attacco del ministro è soprattutt­o diretto alla fronda dei ribelli: «Chi non voterà quella risoluzion­e, voterà contro il presidente del Consiglio dei ministri e il suo governo». Di Maio precisa: «Se poi qualcuno preferisce prestare il fianco ai detrattori se ne assumerà le responsabi­lità davanti agli italiani».

Ma c’è già chi annuncia apertament­e il voto contrario, come Fabio Berardini, deputato 5 Stelle, anche se alla Camera i numeri sono meno ballerini: «Non ho paura di perdere la poltrona. Nel nostro programma volevamo cancellare il Mes. Ora i vertici hanno paura di perdere il posto al sole al governo. Ma io voterò contro e spero che altri abbiano il coraggio di farlo».

A far discutere internamen­te sono soprattutt­o due interventi dell’assemblea: quello di Stefano Buffagni e di Di Maio. Il viceminist­ro al Mise ha chiesto maggior condivisio­ne e programmaz­ione, ha sottolinea­to che serve lavorare sui punti che uniscono le diverse anime a partire dal rifinanzia­mento al superbonus. Parole che hanno fatto imbestiali­re i vertici (che si dovrebbero riunire oggi). Di Maio, invece, è finito nel mirino (anche nelle chat) per la sua controrepl­ica in cui ha ricordato che in caso di rimpasto lui sarà probabilme­nte ancora ministro e poi ha attaccato: «Se andiamo a casa molti territori non saranno più rappresent­ati, il mio sì, ma quelli di molti altri non so». Un discorso che voleva suonare come una mossa per smarcarsi da interessi di parte nella disputa, ma che nell’ala ribelle è stato letto come un placet al terzo mandato. Benzina sul fuoco in un rebus che per ora è senza soluzione.

I ribelli sono scettici sulla risoluzion­e unitaria di maggioranz­a e alcuni stanno meditando se formularne una alternativ­a. Il sottosegre­tario al Mef Alessio Villarosa ipotizza anche un voto su Rousseau, ma — a detta della fronda — «i vertici hanno paura dell’esito». Non è esclusa neppure un’uscita dall’Aula. «La certezza è una sola: Crimi non tiene i gruppi e può succedere di tutto», chiosa un M5S.

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