Di Maio, aut aut ai ribelli: dire no alla riforma è un attacco al premier
I dissidenti potrebbero presentare un testo alternativo
Movimento ad alta tensione. La questione Mes tiene ancora banco nei 5 Stelle: la riunione congiunta di deputati e senatori non ha portato a una soluzione. Anzi, ha inasprito ancor più gli animi. Nelle ore successive all’incontro Luigi Di Maio è andato all’attacco, sfogandosi con i suoi. «Qualcuno dice che mercoledì in Aula si voterà per accedere al Mes. È una bugia. Il presidente del Consiglio all’Eurosummit si dovrà esprimere sulla riforma. Una riforma che io stesso ho definito peggiorativa e che andava fermata anni fa, perché è una riforma iniziata sotto altri governi e che riguarda uno strumento che mai sarà usato dall’Italia». Ma l’attacco del ministro è soprattutto diretto alla fronda dei ribelli: «Chi non voterà quella risoluzione, voterà contro il presidente del Consiglio dei ministri e il suo governo». Di Maio precisa: «Se poi qualcuno preferisce prestare il fianco ai detrattori se ne assumerà le responsabilità davanti agli italiani».
Ma c’è già chi annuncia apertamente il voto contrario, come Fabio Berardini, deputato 5 Stelle, anche se alla Camera i numeri sono meno ballerini: «Non ho paura di perdere la poltrona. Nel nostro programma volevamo cancellare il Mes. Ora i vertici hanno paura di perdere il posto al sole al governo. Ma io voterò contro e spero che altri abbiano il coraggio di farlo».
A far discutere internamente sono soprattutto due interventi dell’assemblea: quello di Stefano Buffagni e di Di Maio. Il viceministro al Mise ha chiesto maggior condivisione e programmazione, ha sottolineato che serve lavorare sui punti che uniscono le diverse anime a partire dal rifinanziamento al superbonus. Parole che hanno fatto imbestialire i vertici (che si dovrebbero riunire oggi). Di Maio, invece, è finito nel mirino (anche nelle chat) per la sua controreplica in cui ha ricordato che in caso di rimpasto lui sarà probabilmente ancora ministro e poi ha attaccato: «Se andiamo a casa molti territori non saranno più rappresentati, il mio sì, ma quelli di molti altri non so». Un discorso che voleva suonare come una mossa per smarcarsi da interessi di parte nella disputa, ma che nell’ala ribelle è stato letto come un placet al terzo mandato. Benzina sul fuoco in un rebus che per ora è senza soluzione.
I ribelli sono scettici sulla risoluzione unitaria di maggioranza e alcuni stanno meditando se formularne una alternativa. Il sottosegretario al Mef Alessio Villarosa ipotizza anche un voto su Rousseau, ma — a detta della fronda — «i vertici hanno paura dell’esito». Non è esclusa neppure un’uscita dall’Aula. «La certezza è una sola: Crimi non tiene i gruppi e può succedere di tutto», chiosa un M5S.